Manuel Agnelli: «In tanti a difesa dell’Angelo Mai»
Si dice arrabbiato, Manuel Agnelli. Sull’Angelo Mai incombe la scure dello sgombero. Per questo domani sul palco alle Terme di Caracalla saliranno per un concerto di solidarietà in tanti: lui con gli Afterhours, e Bandabardò, Daniele Silvestri, Max Gazzè, l’orchestra di piazza Vittorio, Riccardo Sinigallia, Adriano Viterbini, Danno, l’attore Vinicio Marchioni. L’appello scritto della comunità artistica porta in calce nomi prestigiosi, Asia Argento, Mario Martone, Elio Germano, Francesca Comencini, Sandro Veronesi, Emma Dante...
Agnelli è un frequentatore della prima ora dei padiglioni immersi nel verde che fa da quinta a Porta Latina: «È uno spazio che ho conosciuto per la teoria dei vasi comunicanti, attraverso alcuni musicisti amici. Per noi che abbiamo trascorso la gioventù fra centri sociali e culturali, l’Angelo Mai è il lascito più bello: un laboratorio creativo dov’è possibile sperimentare senza obblighi imprenditoriali, e le professionalità hanno la possibilità di confrontarsi. Ho un debito, verso quel posto: l’incontro fra le arti che espressi nel festival Hai paura del buio si rifaceva a un “format” dell’Angelo Mai, il Go Dai Fest».
Trasuda la passione di Agnelli: «Vivo a Milano, ma sono spesso a Roma. La mia seconda città. Luoghi vitali come questo vanno preservati con norme ad hoc, senza aspettare che passino dieci anni per regolamentarli. Lo Stato non può mettere il cappello sopra a tutto: è importante che accanto alle scuole istituzionali che si occupano della formazione esistano centri dove applicare ciò che si è imparato al mondo reale. Non dimentichiamo che l’industria culturale è la terza per importanza. E all’Angelo Mai, al quale è stato tributato il premio Ubu, si produce cultura, non feste». Da anni si parla di una dislocazione in altra parte della città: «Una proposta nebulosa. Un modo per togliersi di dosso il problema. Ma il centro ha senso dove è nato. Gli stimoli devono nascere in città, fra la gente. Deportare è inaccettabile. O — mi faccio la domanda — ci sono mire edilizie di qualche tipo?».
Due in uno: Manuel Agnelli giudice a X Factor (sulla partecipazione alla prossima edizione ribadisce: «Non ho an- cora sciolto i dubbi»), e in prima linea nella difesa di un «luogo d’eccellenza». Spiega: «Il talent è una specie di casting professionale. Non è cultura per la cultura, ma in vista di un’applicazione lavorativa diretta. Anche se la mia speranza è che l’arte resti sempre al centro. Il materiale proposto in tv poi proviene da altri. L’Angelo Mai i materiali li forgia, senza aspettarsi un riscontro immediato. Così la qualità è garantita. A inseguire troppo i numeri, succede che il livello si fa sempre più basso, il mercato va in crisi, e l’interesse scade».
Prosegue: «Trovo lo sbarramento ideologico abbastanza becero. E contesto chi per tifoseria si rifiuta di vedere quanto v’è di positivo in quella esperienza! “Liberi di esprimere la propria posizione” rivendicava Stendhal. Roma s’è incuneata in un momento particolarmente buio, mai così dagli anni 80. Perde, al confronto con Milano». Padrone di casa di Ossigeno, in seconda serata su Rai3. Attento all’attualità ed eclettico: «Considero il concerto al Forum di Assago ad aprile scorso con gli Afterhours un punto di arrivo. Ora vorrei tornare a vivere. La mia seconda esistenza. Uno spazio tutto per me. Che contempla la presenza dell’Angelo Mai».
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Il centro
Ha senso dove è nato. Gli stimoli devono nascere in città, fra la gente. Deportare è inaccettabile
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Negazioni Contesto chi per tifoseria si rifiuta di vedere quanto v’è di positivo in quella esperienza!