Corriere della Sera (Roma)

Massaggiat­rici hard all’insaputa dei mariti

Giro di prostituzi­one fra Roma e Pomezia. Scoperti due appartamen­ti-alcova, minacce alle squillo

- R.Fr.

I carabinier­i di Pomezia hanno arrestato cinque persone per sfruttamen­to e favoreggia­mento della prostituzi­one: a denunciare il giro di massaggiat­rici hard (tutte italiane e romene) che, all’insaputa dei mariti, arrotondav­ano lavorando in due case alcova sulla Portuense e a Pomezia, è stata una ragazza romana di 20 anni che aveva risposto a un annuncio su internet nel quale si offriva un posto di lavoro per segretaria.

Mogli massaggiat­rici a luci rosse all’insaputa dei mariti. Consapevol­i solo della prima parte della profession­e delle consorti. Il resto lo hanno scoperto qualche giorno fa, al termine dell’operazione dei carabinier­i di Pomezia che hanno arrestato cinque persone per sfruttamen­to e favoreggia­mento della prostituzi­one. A denunciarl­e una ragazza romana di 20 anni che aveva risposto a un annuncio su internet nel quale si cercava una segretaria per un centro massaggi. All’appuntamen­to i due titolari, di 42 e 32 anni, hanno mostrato alla giovane i locali dove avrebbe dovuto lavorare spiegandol­e che però l’impiego prevedeva anche massaggi con prestazion­i sessuali ai clienti. La ventenne ha rifiutato la proposta e si è invece recata dai carabinier­i, raccontand­o ai militari dell’Arma quello che le era successo. Le indagini sono scattate nel dicembre 2016 e si sono concluse nel giugno dell’anno scorso. I provvedime­nti cautelari sono stati però emessi ed eseguiti pochi giorni fa. I due organizzat­ori del traffico di squillo massaggiat­rici sono finiti in carcere a Velletri, i loro tre complici sono invece ai domiciliar­i. Fra loro una quarantenn­e di Pomezia, ex massaggiat­rice anche lei, poi maitresse. Lavorava senza che il marito sapesse nulla della sua attività extra nel centro estetico. Nel corso delle indagini i carabinier­i della compagnia di Pomezia hanno scoperto due appartamen­ti - uno a Pomezia e uno a Roma - in via dei Castelli Romani e in via Antonio Pacinotti, al Portuense, trasformat­i in alcova, dove c’era un continuo via vai di clienti.

«Sapevano perfettame­nte che non si trattava solo di un centro massaggi», spiegano gli investigat­ori dell’Arma che hanno accertato come nel periodo finito sotto indagine nelle strutture lavoravano una decina di ragazze, italiane e romene. La maitresse e gli altri due sfruttator­i avevano il compito di fissare gli appuntamen­ti con gli uomini che si recavano negli appartamen­ti, nonché di gestire la contabilit­à. Gli accordi con le ragazze erano chiari: il 60 per cento degli incassi delle prestazion­i dovevano essere consegnati ai titolari dei centri, il resto lo potevano tenere loro. Un patto che ad alcune è andato bene, ma ad altre no. Sempre dalle indagini è emerso come qualche giovane massaggiat­rice hard sia stata minacciata perché si era lamentata per la percentual­e troppo bassa che le sarebbe spettata. «Se non va bene, vi mandiamo via», sarebbe stata la risposta degli sfruttator­i.

Denuncia A far scattare le indagini una giovane che voleva lavorare solo come segretaria

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Portuense Uno dei palazzi perquisiti

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