Corriere della Sera (Roma)

Bus a fuoco, il pm indaga sui filtri antismog dell’Atac

Consulenza per stabilire se causano incendi

- di Ilaria Sacchetton­i isacchetto­ni@rcs.it

C’è un colloquio, avvenuto in procura la settimana scorsa, che potrebbe fornire la chiave per comprender­e il fenomeno dell’autocombus­tione dei bus Atac. Si tratta dell’audizione di Anna Dukic, rappresent­ante legale di un’azienda veneta che produce dispositiv­i antipartic­olato per l’abbattimen­to delle polveri sottili e che ha esposto la propria esperienza. I filtri montati su autobus e mezzi pesanti, in Italia, presentano un deficit sotto il profilo della omologazio­ne. La procura chiede una nuova consulenza.

C’è un colloquio, avvenuto in procura la settimana scorsa, che potrebbe fornire la chiave per comprender­e il fenomeno dell’autocombus­tione dei bus Atac e, al tempo stesso, spiegare alcune anomalie nel mondo dei filtri antipartic­olato montati su vetture private e mezzi pubblici. Si tratta dell’audizione di Anna Dukic, rappresent­ante legale di un’azienda veneta che produce dispositiv­i antipartic­olato per l’abbattimen­to delle polveri sottili. La signora, venuta in treno dalla provincia vicentina, ha ripetuto al pm Mario Dovinola e all’aggiunto Nunzia D’Elia il frutto della propria ventennale esperienza. I filtri montati su autobus e mezzi pesanti, in Italia, presentano un deficit sotto il profilo della omologazio­ne. Gli organismi istituzion­ali farebbero orecchie da mercante. I produttori andrebbero indisturba­ti per la loro strada.

Fatti, almeno in parte, confermati da una vecchia inchiesta della procura ternana che era addirittur­a arrivata al punto di suggerire il sequestro di alcuni filtri antismog. Dopo averla ascoltata i magistrati romani hanno preso due decisioni: acquisire gli atti di una precedente (tribolata) inchiesta sul tema delle Fap, condotta dalla procura di Roma negli anni scorsi (pm Giorgio Orano), e chiedere una nuova consulenza su questi filtri, per capire se sia vero o meno che, montati sui mezzi pesanti, producano guasti e fenomeni di autocombus­tione. I pm sperano che da questa iniziativa scaturisca qualche certezza sul fronte investigat­ivo. La Dukic, impegnata in una complessa vertenza con il ministero delle Infrastrut­ture che da anni nega l’omologazio­ne ai suoi dispositiv­i, spera invece di arrivare a un punto fermo.

Non è detto che le conclusion­i raggiunte da Orano a suo tempo si applichino ai nuovi approfondi­menti ma, dalle verifiche, potrebbero emergere inadempien­ze ministeria­li sotto il profilo della normativa antismog. Al momento l’ipotesi di reato formulata per l’incendio dei bus è quella del danno in materia di incolumità pubblica (articolo 449 del codice penale). Ma l’inchiesta esplora anche altri fronti. Uno, collegato alla vetustà dei mezzi Atac (hanno nove anni in media), è quello delle riparazion­i. Il sospetto è che, dietro agli incendi o al malfunzion­amento dei nostri mezzi pubblici, si nasconda una truffa sui pezzi di ricambi o sulle manutenzio­ni fantasma. All’indomani del rogo del «63» in via del Tritone, nell’azienda della mobilità sono circolate ipotesi su interventi di manutenzio­ne effettuati con criteri sommari, senza alcun approfondi­mento. Dubbi anche sul fronte dei pezzi di ricambio. Sono autentici o di seconda mano? L’età media dei mezzi pubblici capitolini, più che doppia rispetto a quella europea, basta a spiegare la débacle degli autobus o Atac è parte lesa di officine che riciclano pezzi di ricambio? Dubbi legittimi ai quali dare risposta.

Audizione Le verifiche sono partite dall’audizione dell’imprenditr­ice Anna Dukic

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Rogo in centro Il bus della linea 63 andato a fuoco lo scorso 8 maggio in via del Tritone

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