Erbacce e rifiuti, viaggio di «Sette» nella savana urbana
Dovunque parchi e spiazzi abbandonati Ed è un trionfo di piante e fiori selvatici
Reportage di «Sette» nella savana della Capitale, fra cicoria e forasacchi che invadono parchi e spiazzi per la quasi totale mancanza di manutenzione del verde. Una primavera selvaggia.
Piante, arbusti, rovi e fiori colorati ovunque, ancor più vividi appena spunta un raggio di sole. Il rigoglioso scenario botanico della capitale, favorito da una stagione umida e piovosa, con un piccolo sforzo di fantasia riporta la città al villaggio delle origini. Così - come testimonia il servizio di Aurelio Picca sulle pagine di «7» ieri in edicola sulle ciclabili ci si trova in mezzo a campi che pullulano di margheritine (Dente di Leone), malva, forasacco, papaveri e cicoria selvatica. Cani al guinzaglio nelle aiuole di via Anna Regilia sull’Appia convinti di andare a spasso in campagna tra cespugli e graminacee mentre i gabbiotti della polizia municipale sono mimetizzati da fioriture spontanee e forasacchi che superano il metro.
Erbacce anche al Circo Massimo come a Caracalla dove però si ravvisa un intervento, forse ad opera di qualche club sportivo che non si rassegna a rinunciare al jogging. «L’esplosione di vegetazione che si osserva in questi giorni - spiega l’agronomo Alessandro Fonseca - è tipica dei prati polifiti della capitale dove prosperano avene selvatiche, ranuncolacee, che nel tempo si sono mischiate con le antiche lavorazioni dei contadini come erba medica o colza. Il primo taglio del fieno — aggiunge Fonseca — non a caso si chiama “maggengo” perché cade nel mese di maggio quando la crescita delle piante è più veloce. Se nessuno interviene e prevale l’incuria, questi sono i risultati».
Pennellate di una primavera selvaggia che però, oltre a
certificare abbandono e degrado, tra acquedotti, rovine e santuari regalano anche squarci di struggente bellezza. Ma l’esperto lancia anche un altro allarme: «Se i prati e la vegetazione circostante non si tagliano, tra un paio di mesi sarà tutto secco e con un mozzicone lanciato distrattamente il rischio incendi è alto. Basterebbe un trattorino, ma anche quello fa parte della pianificazione per la cura del verde pubblico su cui c’è ancora molto da lavorare».