Più soldi e più poteri: Raggi spera in due miliardi dal governo giallo-verde
Più soldi: due miliardi di euro spalmati sui prossimi tre anni di amministrazione. Più poteri con l’attuazione del decreto su Roma Capitale dopo otto anni di attesa (vana). Poi una serie di norme dello Stato per rivedere gli spazi di finanza pubblica in modo da gestire i debiti fuori bilancio e la permuta degli immobili per evitare il peso degli affitti passivi, il fardello da 32 milioni relativo alle spese per le sedi di rappresentanza. E un innalzamento degli extracosti, ovvero una maggiore compensazione per i costi sostenuti da Roma in quanto Capitale. In più, c’è il sogno di avere meno debiti grazie allo switch del maxibuco delle partecipate nella voragine sotto la gestione commissariale. La lista delle richieste del Campidoglio confida nella sponda del nuovo governo - se nascerà dall’alleanza M5S-Lega - già abbozzata nel contratto di lancio del «Salvidimaio» in cui alla questione della Capitale vengono dedicate poche (ma eloquenti) righe che girano sui concetti di «patto», «rilancio» e «dignità della città».
È il segnale che il Campidoglio aspettava per calcolare la mole delle richieste da inoltrare al nuovo esecutivo con l’obiettivo di far uscire Roma dalle peste di una crisi altrimenti inarrestabile, tra grane a vista del cittadino (buche stradali, verde pubblico e rifiuti, per esempio) e crac che fanno tremare i conti (Atac, soprattutto). E a questo sono serviti gli incontri - reiterati negli oltre due mesi di consultazioni al Quirinale tra Raggi e i vertici politici e istituzionali del Movimento, dal capo politico Luigi Di Maio al presidente della Camera Roberto Fico. Summit dai quali sono usciti i paletti su cui costruire un rapporto nuovo tra Campidoglio e Palazzo Chigi dopo il corto circuito che fatto saltare il Tavolo per Roma. La prima richiesta riguarda i trasferimenti dello Stato al Comune, finora intorno al miliardo di euro all’anno cifra appena sufficiente a coprire i costi del personale (47 mila comprese le partecipate) - che Raggi ha chiesto di aumentare. Due miliardi extra per il prossimo triennio è il plateau identificato per rimettere in ordine la città. Lo scorso anno fu la stessa sindaca a uscire urbi et orbi con la richiesta di «1,8 miliardi extra per le urgenze». Adesso, col nuovo governo gialloverde, si punta a far sì che l’extra diventi strutturale.
Complicato, forse. Ma non tanto quanto esaudire i desiderata che hanno necessità di una apposita legge dello Stato. È il caso dell’articolo 114 della Costituzione su Roma Capitale: la riforma è di fatto ferma a settembre 2010, da allora il processo di devoluzione - più poteri e soldi soprattutto su trasporti e ambiente - non si è mai completato. Ma, soprattutto, c’è il sogno che potrebbe restare tale: spostare i tre miliardi di buco delle partecipate nella massa debitoria sotto gestione commissariale allungando di cinque anni il periodo di rientro (quindi fino al 2045).
Incontri
Negli ultimi due mesi reiterati gli incontri tra la sindaca, Di Maio e il presidente della Camera Fico