«Incendi sospetti» Telecamere nelle officine
Sessanta «flambus» in due anni e mezzo di amministrazione Raggi, dodici solo nel primo semestre del 2018 di cui ben cinque - compresa una tragedia sfiorata in via del Tritone - nelle ultime due settimane. Sui social è subito scattato il sospetto che dietro ai roghi ci sia la mano dei sabotatori anche se è vero che i mezzi sono vetusti, poco manutenuti e spesso non forniti di dispositivi antincendio (come i 397 Mercedes della flotta che Atac sta cercando di adeguare). Adesso, però, anche Atac ha deciso di correre ai ripari implementando il sistema di videosorveglianza nelle rimesse dei bus. «Tutela del patrimonio aziendale per furti o manomissioni», spiegano da via Prenestina circa la gara d’appalto che parte oggi sul rinnovo del parco telecamere nelle rimesse. In pratica - anche se nessuno lo dice ufficialmente - si teme che ci possa essere un disegno dietro agli incendi su cui si sono messe ad indagare le procure, ordinaria a contabile.
Così negli uffici aziendali è stata predisposta una gara fast, a quanto pare su richiesta dallo stesso presidente Paolo Simioni, proprio per tentare di arginare - anche in termini di deterrenza - il fenomeno che nelle ultime settimane ha proiettato nel mondo l’immagine dei bus di Roma in preda alle fiamme. Il bando parte oggi e il termine per la presentazione della documentazione è il 30 maggio, appena 12 giorni di gara con procedura negoziata. E la cifra è sotto soglia, circa 38 mila euro più Iva, per fare più in fretta possibile, come fu per «Spelacchio». Titolo: «Acquisto di materiali per l’implementazione degli impianti di videosorveglianza delle rimesse Atac». Un segnale, insomma, che descrive i nervi tesi all’interno dell’azienda alla vigilia del verdetto dei giudici fallimentari sulla procedura anti-default: il 30 maggio scade il termine per la presentazione del piano di concordato in tribunale, dopodiché - al netto degli aiuti che potrebbero arrivare dal governo M5S-Lega - si saprà se Atac sarà salva o meno.