Corriere della Sera (Roma)

Giovanardi canta la generazion­e degli anni Novanta

Mauro Ermanno Giovanardi in concerto all’Auditorium canta Bluvertigo, Neffa e Ustmamò

- di Natalia Distefano

La colonna sonora degli anni ‘90 non è stata uguale per tutti. Dalle casse dei lettori cd risuonava un maculato carosello di musica in cui spopolavan­o i Guns’N Roses di November rain, i Take That seducevano le teenagers, i club kids affollavan­o i rave, la dance scalava le classifich­e mentre l’America regalava i Nirvana e il Brit Pop conquistav­a l’Europa. A questo scenario, in Italia, si aggiungeva un popolo di orecchie ancora dondolate dalle canzoni di Patti Smith, Nick Cave e Joy Division, aggrappate al sacro rock anglosasso­ne del decennio precedente ma in cerca di una sua declinazio­ne nuova e nostrana. Era la generazion­e che ascoltava La Crus, Afterhours, Marlene Kuntz, Mau Mau, C.S.I. e Ustmamò. Alfieri di quella che Mauro Ermanno Giovanardi definisce «una piccola grande rivoluzion­e».

«Eravamo musicisti alieni, non allineati, stanchi di scimmiotta­re gli inglesi – ricorda esploravam­o ancora quelle pieghe del suono, trovando però parole italiane per cantare i nostri umori viscerali. Il pubblico capì e l’industria discografi­ca colse l’attimo. In un baleno passammo dai live nei piccoli club alle piazze». A quella stagione Giovanardi ha dedicato un album intitolato La mia generazion­e, e un concerto omonimo che stasera arriva all’Auditorium arricchito dalla partecipaz­ione sul palco di Rachele Bastreghi dei Bau- stelle, Cristina Donà, Marina Rei, Cristiano Godano dei Marlene Kuntz e Raiz degli Almamegret­ta. Eroi di quel decennio musicale, quasi tutti protagonis­ti di un cameo nel disco del cantante milanese.

Tredici tracce d’epoca, da Cieli neri dei Bluvertigo cantata con Samuel dei Subsonica a Baby dull degli Ustmamò in duetto con la Bastreghi, fino a Huomini di Ritmo Tribale dove la guest è Manuel Agnelli. Difficile chiamarle cover, perché Giovanardi le ha smontate con sacro rispetto e poi ricucite col talento di un sarto su se stesso e i suoi ospiti. «È stato il lavoro più difficile della mia vita – confessa il fondatore dei La Crus – in cui ho affrontato sfide rischiose come inoltrarmi nello sconosciut­o pianeta hip hop di Neffa o cantare Forma e sostanza senza essere Giovanni Lindo Ferretti. Dunque ho scelto di non fare il verso a nessuno e rendere ogni canzone assolutame­nte mia. Interpreta­ndole senza violarle».

Così nelle sue mani Huomini si rivela un pezzo per pianoforte, Cieli neri calza come un guanto il sound anni ‘70, Cose difficili dei Casino Royale è un avvolgente soul, mentre Il primo Dio dei Massimo Volume e Aspettando il sole di Neffa suonano addirittur­a come degli inediti. Canzoni praticamen­te nuove, ma non tradite. «Anche nelle collaboraz­ioni ho evitato l’effetto nostalgia – racconta – piuttosto ho acceso nuovi cortocircu­iti tra vecchi amici, dove nessuno canta se stesso vent’anni dopo ma tutti intonano la stessa generazion­e. Lontana anni luce dall’Italia di oggi, tra musica in download e ascolto usa e getta, diventata purtroppo il quarto mondo del rock».

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 ??  ?? Nella foto grande, Mauro Ermanno Giovanardi. Accanto, Cristina Donà. In basso, Rachele Bastreghi dei Baustelle. Le due musiciste saranno fra gli ospiti del concerto di Giovanardi
Nella foto grande, Mauro Ermanno Giovanardi. Accanto, Cristina Donà. In basso, Rachele Bastreghi dei Baustelle. Le due musiciste saranno fra gli ospiti del concerto di Giovanardi
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