Dvorák e Brahms per il ritorno di Jakub Hruša
A Santa Cecilia domani sarà la volta del concerto per violoncello e orchestra più popolare di sempre. Quello di Dvorák. Atteso al varco il solista ventiquattrenne Edgar Moreau. Enfant prodige parigino che farà il suo debutto nella stagione dell’Accademia. Ma l’occasione è speciale anche per il ritorno sul podio di Jakub Hruša. Trentasette anni, ceco (di Brno), uno dei direttori più interessanti della scena internazionale.
Hruša si è investito del ruolo di ambasciatore della musica ceca nel mondo. «Voglio far conoscere i gioielli meno noti» dice. Intanto a Roma va sul sicuro. E continua a sfoderare pezzi da novanta della sua tradizione musicale. Due anni fa ha stregato il pubblico di Santa Cecilia con una superba interpretazione del capolavoro sinfonico di Smetana «Ma Vlast» (in italiano «La mia patria»). Domani sera invece dirigerà il concerto di Dvorák insieme alla prima sinfonia di Brahms (ore 19.30, viale de Coubertin 30, repliche venerdì 25 alle 20.30 e sabato 26 alle 18, tel. 06.8082058).
«Quando si affiancano i pezzi per un programma - spiega Hruša - di solito si procede per analogia o per contrasto. In questo caso non potrebbero esserci due compositori così lontani per stile ma vicini col cuore. Brahms e Dvorák sono vissuti nella stessa epoca, erano grandi amici, praticamente si adoravano». Hruša è direttore principale dei Bamberger Symphoniker e ospite regolare delle maggiori sale da concerto del mondo. «Sono felice di lavorare ancora con l’orchestra di Santa Cecilia aggiunge - quando abbiamo eseguito Smetana l’energia è stata pazzesca». Hruša per ora frequenta poco il repertorio italiano (ha diretto solo un po’ di Puccini). Il suo avvicinamento al Bel Paese è avvenuto prima sotto il segno dell’arte. Da bambino il padre Petr se lo portava con sé nei viaggi lungo la penisola alla scoperta del Rinascimento. «È architetto - racconta e mi ha trasmesso il suo grande amore per la cultura italiana».