TUTELA PER CHI LAVORA CON LE APP
La chiamano gig economy, ossia economia dei lavoretti. Un modello in cui non esistono più le prestazioni continuative e regolari ma si lavora on demand, cioè solo quando c’è richiesta per i propri servizi, prodotti o competenze. Ad esempio i «rider» di Foodora, Deliveroo o Just Eat, che consegnano il cibo in bicicletta con i grandi zaini colorati sulla schiena: mal pagati (meno di tre euro a consegna), però liberi di organizzarsi come vogliono. Senza orario né bandiera ma con la possibilità di scegliere dove, come e quanto faticare.
Siamo in presenza di una libertà e di una modernità solo apparenti: per certi aspetti - il cottimo selvaggio - si tratta del ritorno a una condizione da proletariato dickensiano.
Due episodi recenti hanno fatto del caso rider la questione-simbolo della gig economy: la sentenza del Tribunale di Torino, secondo cui i collaboratori di Foodora non sono lavoratori dipendenti, e l’incidente di Milano, in cui un fattorino ventottenne di Just Eat ha perso una gamba travolto da un tram. Un fatto che ha suscitato molta impressione e in seguito al quale la Filt-Cgil lombarda ha proclamato uno sciopero che si svolgerà oggi.
In questa situazione va notato che la Regione Lazio è la prima istituzione italiana a lanciare una proposta di legge di tutela per i lavoratori impegnati nei servizi forniti tramite app e piattaforme digitali. La normativa estenderebbe a loro i diritti degli altri lavoratori. L’iniziativa è giusta.
Non sono infatti ammissibili forme di «innovazione» che portano indietro, all’Ottocento, l’orologio della storia e delle relazioni sociali e industriali. Né è tollerabile che le piattaforme digitali diventino aree extraterritoriali in cui è consentito eludere la legge.
L’innovazione tecnologica deve accompagnarsi al rispetto di chi lavora: e non solo di chi lavora, ma dell’intera comunità. Il pericolo infatti, oltre ai rider, lo corrono anche i pedoni. A Roma come altrove.
Quante volte vediamo i cottimisti in bicicletta sfiorare i passanti sfrecciando sui marciapiedi? Da questo punto di vista la consultazione pubblica, che preparerà la proposta di legge regionale a partire da oggi, può essere molto utile. Perché l’innovazione tecnologica non dev’essere lasciata a sé, ma va progettata e regolata con il contributo di tutti. Lo dimostrano le esperienze migliori, in Italia e nel mondo.