La Capitale si è dipinta di rosa: undici chilometri di selfie e allegria
Grande folla di appassionati e di turisti in uno scenario suggestivo, unico al mondo
Roma vive tranquilla la sua domenica a colori, al mattino il verde di Piazza di Siena che si colora d’azzurro grazie al successo di De Luca nel Gran Premio, al pomeriggio la città in rosa, chiusa per la volata conclusiva del Giro numero 101. Una festa globale, con l’organizzazione ciclopica che alla fine ha retto, pochi disagi nel centro storico, tantissima gente attaccata per passione, per curiosità o per semplice caso alle transenne che hanno disegnato gli 11,5 chilometri del tracciato più affascinante mai conosciuto da una corsa ciclistica. Roma risponde così alla classica passerella finale del Tour de France sui Campi Elisi, una cartolina da custodire nell’album dei ricordi dei corridori.
A mezzogiorno la macchina dell’organizzazione fa gli straordinari, a quell’ora si chiude al traffico veicolare su via del Corso, il personale in rosa istruisce le centinaia di volontari su come e quando permettere al pubblico di attraversare la strada nei posti stabiliti, si appendono ai cartelli stradali le frecce direzionali, si srotolano gli ultimi nastri segnalateci per evitare che la gente si sporga troppo dalla transenne. Di notte hanno provato a chiudere le ultime buche, solo tra piazza Colonna e piazza Venezia il tappetino di asfalto è stato steso per tratti uniformi, il resto è un puzzle di catrame. Comunque una pacchia per i cicloamatori romani che sfrecciano nel loro paradiso, senza auto, senza pericoli e, per un giorno, senza voragini, nessuno gli impedisce di provare il percorso che dopo poche ore sarà di proprietà del gruppo.
A piazza Venezia si mescolano appassionati arrivati per vedere da vicino i corridori, turisti ignari, ciclisti consapevoli, stranieri incuriositi dalla novità, comitive di giapponesi sorprese dal caos. Un fiume umano attraversa la strada nei punti consentiti, il più gettonato è quello sotto alla scalinata del Campidoglio. Là i sampietrini hanno provato a ricucirli con toppe di asfalto, operazione quasi impossibile è stato provare a limitare i sobbalzi provocati dalle lastre di travertino che attraversano la strada: sembra un tratto di pavé della Foresta di Arenberg, ma qui non siamo alla Parigi-Roubaix. Passa la carovana pubblicitaria, i camioncini che vendono gadget in rosa fanno affari d’oro, ma ciò che più colpisce è che dentro ogni automobile autorizzata sono stipati passeggeri la cui unica occupazione è sporgersi dal finestrino per filmare il passaggio nelle strade della storia. Davanti al Colosseo, al Quirinale, al Campidoglio, si pensa più a regalarsi un selfie che a organizzare il passaggio dei corridori.
La corsa passa con un quarto di ritardo sulla tabella di marcia, a piazza Venezia il rumore dei telai che sobbalzano sui sampietrini è stridente, qualcuno fora e allora di col-
Immagini Colosseo a far da sfondo e un tramonto che solo Roma sa regalare
po il gruppo decide di procedere a passo d’uomo. La gente non si accorge della protesta anti buche, applaude, continua a regalare incoraggiamenti per tutti e non si lamenta quando Chris Froome, il vincitore del Giro, una volta neutralizzato il tempo, decide di non rischiare e si fa staccare dal gruppo. Arriva la volata, le premiazioni con il Colosseo a far da sfondo e un tramonto che solo Roma sa regalare. Anche il Giro è passato, tra le buche. Si torna alla normalità.