Corriere della Sera (Roma)

«È stressante, ma guadagno 2.300 euro»

Parlano i ragazzi (e i meno ragazzi) che consegnano in città. «Non abbiamo nessuna garanzia»

- Di Claudio Rinaldi

«Èstressant­e, ma guadagno 2.300 euro al mese». Parlano i ragazzi (e i meno ragazzi) che consegnano in città. «Non abbiamo nessuna garanzia», aggiungono. Racconta Luca, 19 anni: «Vengo da Catanzaro e sono qui per il primo anno di Giurisprud­enza. Sono diventato da poco più di un mese un rider di Just Eat. Giro con la bici ma certo Roma non è fatta per i ciclisti».

Un tempo, neanche troppo lontano, il cibo a domicilio era un servizio riservato alle poche pizzerie che rifornivan­o i clienti più pigri. Oggi il food delivery è diventato una moda: basta un clic sul telefonino e in pochi minuti l’hamburger o il sushi ordinato viene recapitato a destinazio­ne. Le società artefici di questo business si affidano ai rider, così come vengono chiamati i fattorini che con il proprio scooter o con la propria bici si occupano della consegna. Un lavoro all’apparenza semplice fatto però di luci e ombre.

❞ So che non è il lavoro della mia vita, spero in futuro di avere successo e magari di scalare proprio la mia società Francesco, 24 anni

Andrea, 25 anni, è un rider di Deliveroo. Viaggia con la sua bici e racconta la sua esperienza mentre attende la prossima chiamata su una panchina in piazza Istria. «Ho lavorato per diversi ristoranti. Poi, navigando su internet, ho letto un annuncio. L’unica richiesta era possedere un mezzo proprio, amo pedalare e così ho inviato la mia candidatur­a. Dopo tre mesi posso dire che girare per Roma per 7-8 ore consecutiv­e è molto stressante, ma in compenso riesco a gestire il mio tempo. Ci lasciano grande autonomia nella scelta degli orari».

Salvatore, 47 anni, si definisce «un imprendito­re pentito». È approdato anch’egli a Deliveroo, ma a differenza del collega più giovane si muove con il suo scooter 250. «I ragazzi vanno in bici, per me sarebbe una follia. Già così è pesante, ma almeno ho uno stipendio dignitoso a fine mese. Ad aprile ho guadagnato 2.300 euro. Quando avevo il mio bar non sono

mai arrivato a queste cifre. Certo, è necessario lavorare anche nel weekend, soprattutt­o di domenica nel turno serale quando in programma ci sono le partite di calcio».

Francesco, 24 anni, studia Economia alla Sapienza e ha un obiettivo in testa: diventare manager di Moovenda, l’azienda per la quale oggi consegna con il suo Liberty il cibo a domicilio. «Per me è

un’opportunit­à, perché mi consente di arrotondar­e e di togliermi qualche sfizio. So che non è il lavoro della mia vita, spero in futuro di avere successo e di scalare magari proprio questa società. Intanto mi rimbocco le maniche, ma non sono l’unico: in giro vedo tanti miei coetanei». Luca, 19 anni, è fermo sulla porta di un bar e aspetta che i panini siano pronti per portarli in un ufficio a piazza Ungheria. «Vengo da Catanzaro e sono qui per il primo anno di Giurisprud­enza. Sono diventato da poco più di un mese un rider di Just Eat. Giro con la bici anche se mia madre è contraria, soprattutt­o da quando ha sentito dell’incidente avvenuto a Milano. Io però non ho paura e continuo. Certo, Roma non è fatta per i ciclisti».

Balu, 27 anni, viene dall’India. È con il suo scooter in via del Corso e ha voglia di parlare. «Cercavo un lavoro su internet e ho trovato l’offerta di Glovo. La mia giornata in sella dura anche 13 ore. Alla fine riesco a guadagnare anche duemila euro al mese, 50 centesimi a chilometro. Non mi sento sfruttato».

Stefano, 30 anni, che lavora con la bici da due anni per Foodora, non è d’accordo: «Ho visto che Zingaretti sta promuovend­o una legge per noi. Era ora. Veniamo pagati a consegna e non a tempo, non abbiamo garanzie di nessun tipo e in caso di incidente non ci tutela nessuno. Intanto però le compagnie guadagnano sulla nostra pelle».

Pro e contro Molta libertà, ma niente ferie, né malattia pagate

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Manifestaz­ione Nella foto (LaPresse) una protesta dei «food rider» per chiedere copertura assicurazi­one e altri diritti dei lavoratori

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