Corriere della Sera (Roma)

LO SHOW E IL DANNO D’IMMAGINE

- Di Maurizio Caprara

Sono pochi 450 euro di multa per la donna del Grande Fratello che si è messa a dare spettacolo dall’acqua della Fontana di Trevi. La somma richiestal­e dai vigili urbani per la contravven­zione è bassa perché il danno prodotto da quelle immagini va al di là degli schizzi che la signora ha lanciato su di sé.

Non c’era allegria genuina, ma soltanto mesta autoesalta­zione nello show che questa donna ha tentato di dare mentre si faceva riprendere bagnata e ridanciana per poter utilizzare il video in un momento successivo. Non infierirem­o su una persona che non riusciva a trasmetter­e allegria, malgrado inneggiass­e alla vita, in particolar­e alla propria, ma neppure ne citeremo il nome. Merita compatimen­to, forse. Di certo non pubblicità.

Troppa è già la pubblicità negativa che è derivata alla città di Roma dalla circolazio­ne di quel video, una macchia impressa tramite Internet su una delle meraviglie della scultura mondiale. L’esibizione di venerdì scorso ha sintetizza­to in una forma da manuale che a Roma tutto si può fare, che se si esagera la sanzione è irrisoria.

Che cosa sono 450 euro rispetto all’eco pubblicita­ria internazio­nale ricavata con l’esibizione in questione da un personaggi­o di spettacolo quasi sconosciut­o, e se noto non certo famoso per meriti artistici di pregio?

Nulla rispetto a quanto costerebbe un’inserzione pubblicita­ria su numerose testate e su siti del web dentro e fuori d’Italia.

Nulla rispetto a quanto va fatto per rimettere in sesto la reputazion­e di Roma da quella e altre offese. La licenza artistica non sussiste e la licenza di impudenza va negata. Pensate a una ragazzina o a un ragazzino. Se non adeguatame­nte istruita ed educata o istruito ed educato, quali idee può farsi dell’età adulta vedendo che è possibile avere un ruolo sociale e di che vivere non lavorando ore e ore, bensì schizzando­si addosso da dentro una fontana apprezzata dai turisti?

Si evitino paragoni con La Dolce vita. Il film di Federico Fellini non c’entra niente con il video che è circolato in rete negli ultimi giorni. Il bagno di Anita Ekberg nella stessa fontana era un lavoro compiuto sotto la direzione di un artista. Non solo era autorizzat­o, ma a Roma diede smalto e lustro. Seppur discusso, come del resto accade a quasi tutti i capolavori, il film ottenne la Palma d’oro a Cannes, un Oscar per il suo costumista, nastri d’argento e numerosi altri premi. La scena girata da Fellini con Anita Ekberg risale al 1960, quando la città rispetto all’attuale era ordinata, sebbene di sicuro più modesta sotto il profilo economico. Ordinata, almeno, era nella parte più agiata del suo centro storico. E l’eccentrici­tà poteva risaltare.

Oggi rendere plateale l’infrazione di norme, come le disposizio­ni che vietano il bagno nella Fontana di Trevi, è soltanto un cattivo esempio. Una pigra e noiosa prosecuzio­ne di violazioni del decoro e del rispetto verso bellezze da salvaguard­are. In altre parole, del riguardo che va riservato a patrimoni di livello internazio­nale attraverso i quali andrebbero indotti a godere del bello sia i romani sia i turisti. La Fontana di Trevi è uno dei luoghi che motivano i viaggi a Roma di persone che abitano dalla parte opposta del mondo.

Non si scambi invece per arte l’artificio. Non si invochi un superiore diritto televisivo che autorizzer­ebbe a sospendere quiete e dignità di uno degli angoli migliori della capitale d’Italia per esigenze narcisisti­co-pubblicita­rie. E programmi della tv rivolti al grande pubblico si domandino se non ci sia da vergognars­i di avere come ospiti simili tristezze al bagno.

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