LO SHOW E IL DANNO D’IMMAGINE
Sono pochi 450 euro di multa per la donna del Grande Fratello che si è messa a dare spettacolo dall’acqua della Fontana di Trevi. La somma richiestale dai vigili urbani per la contravvenzione è bassa perché il danno prodotto da quelle immagini va al di là degli schizzi che la signora ha lanciato su di sé.
Non c’era allegria genuina, ma soltanto mesta autoesaltazione nello show che questa donna ha tentato di dare mentre si faceva riprendere bagnata e ridanciana per poter utilizzare il video in un momento successivo. Non infieriremo su una persona che non riusciva a trasmettere allegria, malgrado inneggiasse alla vita, in particolare alla propria, ma neppure ne citeremo il nome. Merita compatimento, forse. Di certo non pubblicità.
Troppa è già la pubblicità negativa che è derivata alla città di Roma dalla circolazione di quel video, una macchia impressa tramite Internet su una delle meraviglie della scultura mondiale. L’esibizione di venerdì scorso ha sintetizzato in una forma da manuale che a Roma tutto si può fare, che se si esagera la sanzione è irrisoria.
Che cosa sono 450 euro rispetto all’eco pubblicitaria internazionale ricavata con l’esibizione in questione da un personaggio di spettacolo quasi sconosciuto, e se noto non certo famoso per meriti artistici di pregio?
Nulla rispetto a quanto costerebbe un’inserzione pubblicitaria su numerose testate e su siti del web dentro e fuori d’Italia.
Nulla rispetto a quanto va fatto per rimettere in sesto la reputazione di Roma da quella e altre offese. La licenza artistica non sussiste e la licenza di impudenza va negata. Pensate a una ragazzina o a un ragazzino. Se non adeguatamente istruita ed educata o istruito ed educato, quali idee può farsi dell’età adulta vedendo che è possibile avere un ruolo sociale e di che vivere non lavorando ore e ore, bensì schizzandosi addosso da dentro una fontana apprezzata dai turisti?
Si evitino paragoni con La Dolce vita. Il film di Federico Fellini non c’entra niente con il video che è circolato in rete negli ultimi giorni. Il bagno di Anita Ekberg nella stessa fontana era un lavoro compiuto sotto la direzione di un artista. Non solo era autorizzato, ma a Roma diede smalto e lustro. Seppur discusso, come del resto accade a quasi tutti i capolavori, il film ottenne la Palma d’oro a Cannes, un Oscar per il suo costumista, nastri d’argento e numerosi altri premi. La scena girata da Fellini con Anita Ekberg risale al 1960, quando la città rispetto all’attuale era ordinata, sebbene di sicuro più modesta sotto il profilo economico. Ordinata, almeno, era nella parte più agiata del suo centro storico. E l’eccentricità poteva risaltare.
Oggi rendere plateale l’infrazione di norme, come le disposizioni che vietano il bagno nella Fontana di Trevi, è soltanto un cattivo esempio. Una pigra e noiosa prosecuzione di violazioni del decoro e del rispetto verso bellezze da salvaguardare. In altre parole, del riguardo che va riservato a patrimoni di livello internazionale attraverso i quali andrebbero indotti a godere del bello sia i romani sia i turisti. La Fontana di Trevi è uno dei luoghi che motivano i viaggi a Roma di persone che abitano dalla parte opposta del mondo.
Non si scambi invece per arte l’artificio. Non si invochi un superiore diritto televisivo che autorizzerebbe a sospendere quiete e dignità di uno degli angoli migliori della capitale d’Italia per esigenze narcisistico-pubblicitarie. E programmi della tv rivolti al grande pubblico si domandino se non ci sia da vergognarsi di avere come ospiti simili tristezze al bagno.