La Corte: «Scuse di Paduano tardive e strumentali»
Scuse «tardive e strumentali». Cosi la Corte d’assise d’appello definisce le parole pronunciate in aula da Vincenzo Paduano - «Non posso meritare la pace. Mi vergogno di quello che ho fatto» - per cercare di dimostrare pentimento ai genitori di Sara Di Pietrantonio, l’ex fidanzata uccisa il 29 maggio 2016 prima strangolandola e poi bruciandone il cadavere. Un giudizio che ricalca quanto sostenuto a caldo dalla mamma di Sara, Concetta Raccuia (assistita dall’avvocato Stefania Iasonna), che lo scorso 8 maggio, a fine udienza, aveva detto: «Non credo che Paduano si sia mai pentito». I giudici di secondo grado - nelle 68 pagine con cui motivano la riforma della condanna dall’ergastolo a 30 anni - spiegano che anche quelle scuse «tardive e verosimilmente strumentali» li hanno convinti a non concedere le attenuanti generiche invocate dalla difesa. «Non credibili», per la Corte, neppure le scuse avanzate in primo grado. In particolare, i giudici ritengono «scorretta» la condotta di Paduano nei confronti di almeno due persone: il nuovo fidanzato della vittima e soprattutto l’amico della studentessa, che l’imputato aveva provato ad accusare dell’omicidio di Sara. Egocentrismo e assenza di resipiscenza avrebbero contraddistinto – secondo il giudizio dello staff sanitario di Regina Coeli, citato dai giudici – il comportamento di Paduano.