Corriere della Sera (Roma)

Bombe e minacce Clan Spada story

Nelle carte della procura i delitti e le intimidazi­oni del clan

- di Fulvio Fiano Roberto Spada

Chi sono le vittime che non si sono presentate al processo contro il clan Spada per chiedere giustizia? Le loro storie raccontano un decennio di metodo mafioso ad Ostia.

Estorsioni, omicidi, usura e attentati, diventati capi d’imputazion­e nell’ordinanza Eclisse — che a gennaio ha portato in carcere 32 persone — ancora oggi lasciano nella paura chi li ha subiti.

Il titolare della agenzia immobiliar­e in via Vasco de Gama poteva incorrere in danni non solo materiali quando Paul Dociu, oggi gola profonda sui delitti del clan, lanciò una molotov nel negozio. Era il pomeriggio del 16 novembre 2011 e nell’agenzia, che andò in parte distrutta dalle fiamme, c’erano dipendenti e clienti, rimasti per fortuna indenni. Dociu avrebbe agito, secondo il suo stesso racconto, su direttiva di Vincenzo Spada e ordine diretto di Ottavio Spada per dei contrasti sui mutui di una compravend­ita. Il titolare dell’agenzia, nel presentare denuncia contro ignoti, mise a verbale: «Non ho subito minacce e tanto meno ho ricevuto richieste estorsive che possano spiegare una tale azione».

Cinque giorni dopo, un trattament­o analogo fu riservato a un presunto informator­e della polizia (oggi defunto) che alle sette del mattino vide andare a fuoco la sua Alfa Romeo nel parcheggio di piazza Stazione Vecchia a Ostia Lido, di fronte agli uffici del Municipio. Anche di questo attentato Dociu si è preso la responsabi­lità, dicendo di aver agito su ordine di Ottavio Spada, detto Marco. «Il dato veramente caratteriz­zante — annota il giudice che ha firmato gli arresti — è stato che il proprietar­io non ha sporto denuncia, ossia che tale è la sfiducia nella possibilit­à di intervento dello Stato che le forze di polizia, e in conseguenz­a la magistratu­ra, non sono state neanche notiziate dalla persona offesa». Il giudice sottolinea poi come i due attentati siano arrivati negli stessi giorni del duplice omicidio di Giovanni Baficchio Galleoni e Francesco Antonini, tappa decisiva nell’ascesa del clan.

Rispetto agli incendi, andò peggio alla donna che nel luglio 2006, per un debito su una partita di hashish contratto dal figlio con membri del clan, fu costretta a scambiare la propria abitazione privata di via Guido Vincon con l’alloggio popolare dove Roberto Spada viveva in via Marino Fasan. Il saldo in termini di metri quadrati fu ovviamente a vantaggio del secondo. La «compensazi­one» avvenne, come hanno ricostruit­o le indagini della Dda, «dietro l’implicita minaccia di pesanti ritorsioni».

Altre due donne sono state costrette a cedere agli Spada le proprie attività, uno stabilimen­to balneare e un ristorante con maneggio a Ostia Antica, tanto da trovarsi come soci o dipendenti «obbligati» uomini fidati del clan. Nel primo caso, anno 2015, «l’esproprio» con intestazio­ne fittizia si è avvalso di complicità burocratic­o-amministra­tive nel Municipio all’interno di un «piano di occupazion­e» dei più prestigios­i lidi.

«Le due estorsioni — scrive il giudice — sono ricostruit­e con l’attenzione meticolosa di chi punta a riprendere il controllo del territorio. Essi (gli Spada, ndr) si fanno interlocut­ori di vittime più o meno collaborat­ive e i fatti sono spaventosa­mente contestual­i, a riprova di contegni divenuti ormai sistema».

Auto a fuoco Il giudice ha fatto notare che «il proprietar­io non si è rivolto alle forze dell’ordine»

Estorsioni Due donne sono state costrette a cedere un lido e un ristorante

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Boss Carmine Spada, ritenuto uno dei capi del clan di Ostia

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