Corriere della Sera (Roma)

UN SOGNO «CIVILE»

- Di Antonio Macaluso

Se Albert Einstein aveva ragione e dunque la realtà è una semplice illusione, sebbene molto persistent­e, non c’è da stupirsi che Virginia Raggi e Nicola Zingaretti siano di nuovo ai ferri corti. La tregua è finita o forse il suo inizio era solo un’illusione. Certo è che ieri la sindaca di Roma ha colpito a freddo il presidente della Regione Lazio con due fendenti su spazzatura e trasporti. Inaugurand­o il Parco di Tor Marancia, la Raggi ha testualmen­te affermato che sui due fronti, Zingaretti «non è amico di Roma». Sul tema spazzatura, ha accusato, l’Ama sta facendo il massimo, ma il presidente della Regione non si attiva per trovare nuovi sbocchi al trasporto dei rifiuti fuori dal Lazio. Quanto ai trasporti, la sindaca sostiene che il Campidogli­o è ancora in attesa di 180 milioni di euro promessi dalla Regione. La replica è stata tanto veloce quanto violenta: «Un brutto e arrogante comiziacci­o».

C’è poco da dire, in queste condizioni è evidente che chi sperava in una collaboraz­ione fattiva tra i due dovrà ora rassegnars­i ad una nuova fase della guerra fredda alla quale ci avevano abituati in passato. Facile, perfino scontato osservare che la rottura della tregua da parte della Raggi avviene all’indomani della fiducia espressa dal Parlamento al governo «amico» M5S-Lega.

Governo nel quale uno dei vicepresid­enti del Consiglio, nonché super ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico è Luigi Di Maio, da sempre sponsor numero uno della Raggi. Forte di un appoggio così robusto, la sindaca ha evidenteme­nte deciso di passare all’attacco e stringere d’assedio uno Zingaretti che – con un Pd falcidiato e allo sbando deve giocarsela da solo. Non potendo peraltro contare su una propria maggioranz­a per il governo della Regione. Appare chiaro che i prossimi mesi si annunciano difficili per Roma, la vera vittima di una lunga storia di gestioni fallimenta­ri e che ancora una volta rischia di pagare il conto di una politica stolta. Vorremmo pensare che un nuovo Rinascimen­to della Capitale non sia l’illusione di pochi inguaribil­i romantici e che la politica dei vincitori mettesse fine al lungo saccheggio di Roma. In un paese civile, vedere Raggi e Zingaretti risolvere problemi con spirito di collaboraz­ione sarebbe la normalità. Sarebbe così bello, che tollererem­mo anche qualche litigio.

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