Sorelline bruciate nel camper: 20 anni di carcere
Stangata (malgrado lo sconto di pena) per il rogo di Centocelle
Condanna a 20 anni per uno degli autori del rogo di un camper a Centocelle in cui morirono tre sorelle rom di 4, 8 e 20 anni. Si tratta di una donna bosniaca di 23 anni, colpevole e rea confessa di concorso nel triplice omicidio nato dai rancori tra le due famiglie rivali nel campo di via Salviati.
Partecipò al raid con le molotov contro la famiglia Halilovic in cui morirono Elisabeth, Francesca e Angelica di 4, 8 e 20 anni, arse vive nel camper del padre Romano. Una complicità per cui Lizabeta Vicola, 23 anni, è stata condannata ieri a 20 anni di reclusione con l’accusa di concorso morale e materiale in triplice omicidio volontario. Si tratta della prima sentenza per la strage avvenuta il 10 maggio del 2017 a Centocelle.
A pronunciare la condanna, al termine del rito abbreviato, è stata il gup Bernadette Nicotra che ha accolto le richieste della procura. In particolare il gup ha sposato l’impostazione del pm Alessia Miele, che nella sua requisitoria ha chiesto il riconoscimento delle circostanze generiche in equivalenza con le circostanze aggravanti. Formula giuridica senza la cui applicazione l’imputata sarebbe stata condannata a 30 anni di carcere. A convincere il pm nel proporre il riconoscimento delle attenuanti, è stata la resipiscenza della donna.
Fuggita in Bosnia insieme al marito Renato Seferovic dopo la notte della tragedia, Vicola ha scelto di tornare in Italia per costituirsi e confessare le sue responsabilità. Era presente al raid e incitò i parenti a colpire. «Vivo con il dolore ogni giorno per quello che ho fatto – ha detto la giovane Sono pentita. So che sono soltanto parole, ma chiedo scusa agli Halilovic per quello che ho fatto». Frasi apparse agli inquirenti venate da sincero pentimento, perché compravate dalla decisione di Vicola di affrontare le sue colpe, senza nascondersi, come avrebbe potuto fare restando nel suo Paese. Anzi, l’imputata in questo senso avrebbe potuto seguire l’esempio del marito Renato Seferovic, che da subito si è sottratto alla giustizia. Oggi l’uomo, accusato di aver tirato la molotov che ha causato il rogo del camper nel parcheggio di un supermercato in viale della Primavera, vivrebbe in Bosnia, in attesa di essere estradato.
Ieri il gup ha anche pronunciato sentenza di patteggiamento a due anni di reclusione per Andrea Seferovic, accusato di avere appiccato un rogo a un altro camper degli Halilovic, che non causò vittime, cinque giorni prima della strage. Intanto davanti alla Corte d’Assise prosegue il processo per Serif, anche lui presente al fianco di Vicola e Renato la notte del dramma. Il raid compiuto sarebbe stato deciso come vendetta dai Seferovic contro il padre delle tre vittime.
A inizio 2017 Romano, indagato per tentata estorsione, avrebbe preteso 2mila euro dagli imputati per avergli concesso di dormire in un container nel campo di via Salvati. Pressioni insopportabili per i Seferovic, scossi in quelle settimane dal fatto che Serif fosse indagato per la rapina alla cinese Zhang Yao, poi morta investita da un treno mentre inseguiva i ladri. I Seferovic - per la procura – prima hanno fatto in modo di cacciare la famiglia Halilovic dal campo. Poi li hanno attaccati con le molotov.