Il futuro dei musei secondo Kravis, signora del Moma
Marie Josée Kravis (Moma) alle «Scuderie»
Penso che i musei del XXI secolo saranno sempre meno templi di certezze culturali dove si conservano dei tesori da osservare e sempre più delle piazze, agorà di discussione, dialogo e scambio, dunque un luogo più flessibile e con meno gerarchie, dove magari si può sbagliare per poi riflettere sugli errori…».
Marie Josée Kravis, presidente del Museum of Modern Art di New York, parla («What is the 21st Century Museum?») nella sala delle conferenze delle Scuderie del Quirinale a una platea di addetti ai lavori e di direttori di musei romani su invito di Mario De Simoni, presidente e ad di Ales, che gestisce la struttura, sempre più impegnato nel processo di internazionalizzazione del prestigioso spazio espositivo. In platea anche Franco Bernabè, presidente della Quadriennale di Roma.
Marie Josée Kravis, moglie del grande finanziere Henry Kravis, è un’economista di origine canadese ma da anni è impegnata sul fronte culturale: dal 2005, da presidente, dirige la politica culturale e le acquisizioni del Moma, e siede nell’International Trustee del Prado di Madrid. Salutando De Simoni, elogia le Scuderie: «Sono stata spesso alle mostre organizzate qui, Matisse, Caravaggio, Picasso, ora Hiroshige, proposte eccellenti, bello collaborare con voi». Poi, le riflessioni: «Il nuovo secolo è ricco di sfide per i musei. La domanda è: possiamo reggere al ritmo dell’attuale crescita, cioè continuare ad arricchire le collezioni con altri acquisti, quando poi molte opere restano nei depositi? Solo in Cina stanno aprendo 2000 musei e poi ci sono le tante novità del Medio Oriente, del Sud America, della stessa Europa, degli Usa».
Un quadro in costante lievitazione. Di qui gli interrogativi legati anche ai grandi numeri: «Il MoMa è un museo piccolo, diecimila metri qua-
drati, eppure attira tre milioni di visitatori l’anno. Nei giorni di ressa mi chiedo cosa riesca davvero a vedere, ad ammirare il visitatore medio. E dunque ci interroghiamo costantemente sul domani. Ritengo che il museo del XXI secolo dovrà uscire dal luogo fisico della propria sede, raggiungendo soprattutto nuove generazioni, università, college, scuole, anche grazie alla realtà virtuale e alla possibilità di fare rete. Tutto questo per sviluppare
occasioni di confronto». Insomma, dice Marie Josée Kravis, sono molte le domande per il XXI secolo ma ancor meno certezze. Però una sicurezza rimane: «Occuparsi di arte e di cultura è un dono, come individui e come società, non dimentichiamolo…». Poi guarda Roma dalla terrazzata delle Scuderie e sussurra in italiano: «Ma è meravigliosa…».