L’UNICA VIA D’USCITA
Il primo evidente significato di quanto successo a Roma domenica scorsa è che questa politica, così come viene rappresentata, ha stufato tre quarti degli elettori. Il bassissimo afflusso alle urne, un misero 27 per cento, lo dice con chiarezza.
Notato questo, che non è un gran bel segnale in tempi di (presunta) democrazia diretta, passiamo a quanto dicono quegli elettori che invece si sono espressi per eleggere i presidenti del terzo e dell’ottavo municipio, due aree - Garbatella e Montesacro - che insieme contano, numericamente, un po’ più di Venezia. Cosa dicono i circa ottantamila elettori andati alle urne? Che non sono per niente contenti del governo dei Cinquestelle. Una bocciatura netta che impedisce ai candidati grillini di accedere persino al ballottaggio. Una cosa inaudita dopo i trionfi di soli due anni fa, con Virginia Raggi portata a spalle in Campidoglio dal 67,3 per cento degli elettori. Che cosa è successo in questi due anni perché tanti elettori si disamorassero? Ma la domanda giusta sarebbe: che cosa non è successo in questi due anni?
Èsuccesso che molte promesse di campagna elettorale sono rimaste tali e che, nel frattempo, la Capitale ha mostrato segni di terribile difficoltà: dai trasporti ai rifiuti, dal verde alle buche. Un insieme di fatti che rischia di farci diventare sinonimo di città allo sbando. Per evitarlo, con tutte le conseguenze dirette e indirette che questo avrebbe sul M5S (insidiato dalla Lega, alleato che sbrana tutto), la sindaca Raggi ha solo una possibilità: cambiare strategia, non scaricare solo sul passato le inefficienze e risolvere rapidamente problemi evidenti. Ce la può fare? Per Roma, le auguriamo di sì.