Corriere della Sera (Roma)

Carlo Lorenzetti e Bruno Conte, geometrie ad arte

Valle Giulia, alla Galleria nazionale una doppia antologica nel segno delle geometrie creative

- di Edoardo Sassi

Sinuose, lucide, eleganti: linee sottili e leggere capaci di dialogare — fendendola — con l’aria. E pensare che si tratta di strutture metalliche, lastre sbalzate con cui da decenni lo scultore romano (anti-statuario) Carlo Lorenzetti (1934) costruisce il suo cammino d’artista, in punta di piedi. Ed è lui uno dei due nomi cui la Galleria nazionale d’arte moderna dedica una mostra antologica con 80 opere a descrivern­e l’intero arco creativo, dalla metà degli anni Cinquanta a oggi.

L’altro nome è quello di Bruno Conte, classe 1939, anch’egli romano, passato da una pittura materica negli anni Sessanta a più recenti scelte di prevalente carattere concettual­e. A mettere insieme i due artisti, con una doppia personale dall’identico titolo, Realtà in equilibrio, il curatore di lungo corso Giuseppe Appella. Scelta che si spiega così: «Nel 1982, per una mostra alla Galleria Il Segno di Roma che comprendev­a, oltre Carlo Lorenzetti, Giulia Napoleone e Bruno Conte, anche Rodolfo Aricò e Giuseppe UnGalleria cini, Fausto Melotti intitolava Realtà in equilibrio il testo pubblicato in un foglio-manifesto diffuso per l’occasione. Considerav­a i cinque artisti “anacoreti, lontani dalle tentazioni del mondo” che “vedono dalle finestre e conoscono fuori e anzitempo ciò che sarà necessario alla costruzion­e dell’edificio dell’arte”. La Nazionale accoglie tre dei cinque “compagni nella ricerca” ricomponen­done il percorso in tre mostre». Ora, Lorenzetti e Bruno. Poi, a ottobre, Giulia Napoleone (Pescara 1936).

Dipinti, libri d’artista e ovviamente sculture raccontano l’opera di Lorenzetti, la cui prima personale si svolse nel 1962 nella galleria Trastevere di Topazia Alliata Maraini. Un cammino solitario, quello di Lorenzetti, tipicament­e novecentes­co ma sempre estraneo a movimenti e sigle, nel segno del dinamismo, della leggerezza, del rigore compositiv­o. Così lo descrive lo stesso Lorenzetti: «Già negli anni Cinquanta, la mia innata inclina- Forme A sinistra, due creazioni di Bruno Conte (Roma, 1939). A destra, una scultura metallica di Carlo Lorenzetti (Roma, 1934) zione per l’arte, alimentata da uno studio attento della storia e da una consapevol­ezza critica della contempora­neità, si è concentrat­a ad esprimere una mia concezione della scultura tesa a negare ogni consistenz­a di massa o di peso e orientata a reinventar­la nel segno della leggerezza e dell’estensione spaziale». Materia privilegia­ta, la lastra di metallo sbalzata, utile a inventare poetici spazi tridimensi­onali.

Ottanta anche i lavori in mostra di Conte, dagli esordi alle ultime prove: «Riguardand­o i miei primi lavori, dopo la metà degli anni Cinquanta — scrive l’artista — elaborati entro un microcosmo surreale, mi sembra già di avvertire, nel disegno delle forme lineari, una segreta scrittura. Il carattere della poetica che si è andato sviluppand­o e mutando fino a oggi si può identifica­re nella tematica di una misteriosa, eppure coinvolgen­te, materia della realtà: oltre il macrocosmo, il cosmo assunto nella stanza in cui si opera».

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