AREA C, ECCO COSA FARE PRIMA
Creare a Roma un’Area C per limitare il traffico privato, com’è stato fatto a Londra e a Milano, potrebbe essere una buona idea. Pur considerando le evidenti differenze che distinguono la Città Eterna dalla capitale britannica (metropoli globale con trasporti pubblici eccellenti) e da Milano (media metropoli europea con un’ottima rete sotterranea e di superficie), non è condivisibile la posizione di chi la boccia a priori. È vero, però, che la realizzazione di un tale progetto richiederebbe la capacità di creare alcune condizioni imprescindibili. La prima è la conoscenza delle altre esperienze, soprattutto per non cadere nella faciloneria di chi promette di realizzare il piano a tempi brevi. Prendiamo Milano. La storia dell’Area C ha un antefatto nel 1995, quando vengono introdotti i posteggi a pagamento. Città che, causa traffico, pianura e mancanza di vento, registra livelli di inquinamento (tuttora) molto alti. Nel 1999 si comincia a discutere di una zona a traffico limitato. Nella campagna elettorale 2006, Letizia Moratti annuncia che introdurrà un pedaggio per tutti i veicoli non residenti, proporzionale alle emissioni inquinanti. L’Ecopass entra in funzione nel 2008, un anno dopo la sua vittoria elettorale. E con modalità più morbide e ambizioni ridimensionate rispetto agli annunci. Tuttavia solleva l’opposizione dell’ex sindaco Albertini, che la definisce misura «iniqua, inefficace e impopolare».
Eporta al siluramento dell’assessore Edoardo Croci, «papà» dell’Ecopass. All’Area C si arriva infine con il sindaco Pisapia nel gennaio del 2012.
Da questa breve storia emergono alcuni elementi su cui riflettere. Il primo è la sostanziale continuità di indirizzo tra gli amministratori, in base alla logica che non necessariamente l’operato del predecessore, come diceva Bartali, è «tutto da rifare» (ricordiamo che a Roma il primo a lanciare l’idea fu l’assessore mariniano Improta). Il secondo è la forte determinazione a realizzare l’opera, affrontando anche l’impopolarità. Il terzo, e di certo non l’ultimo, è la capacità di consultare la città, e soprattutto la voce delle organizzazioni pubbliche e dei gruppi d’interesse, come i commercianti. I quali non è detto che abbiano sempre ragione però vanno ascoltati (per esempio quando chiedono che si facciano le multe agli abusivi in doppia fila).
L’altra grande condizione, che ha reso possibile la congestion charge a Londra e a Milano è l’ottimo funzionamento dei mezzi pubblici, che rappresentano un’alternativa praticabile all’auto. Questa condizione, a Roma, oggi non c’è. Non si parla di una diffusione capillare di mezzi elettrici, sogno di ognuno di noi: basterebbe che finisse l’incubo della metro e dei bus che si rompono, quando non prendono fuoco. Ma allora il prerequisito per un progetto serio di Area C è una riorganizzazione dell’Atac che porti la municipalizzata almeno a un traguardo: la decenza.