«È una vera ingiustizia sono attività diverse»
La Confcommercio attacca: è un errore, si tratta di attività molto diverse La Cna replica: in questo periodo di crisi salviamo tante piccole aziende
«Noi vogliamo che ci sia una differenza fra bar, ristoranti e negozi di alimentari». Claudio Pica, il presidente della Fiepet (Federazione italiana esercizi pubblici e turistici), nonostante faccia parte della Confesercenti, è contrario a sedie e tavolini all’interno di pizzerie a taglio, gelaterie o altri laboratori artigianali. Anzi: «Le sedute devono essere scomode e non si possono proprio utilizzare poltroncine o tavolini». «Quella sentenza va comunque interpretata - spiega Pica -. Bisogna attenersi alle circolari del ministero dello Sviluppo Economico (Mise) e a quelle del consumo sul posto in attività alimentari: solo alcuni arredi possono essere inseriti». E così, mentre una parte della Confesercenti esulta, l’altra, la Fiepet contesta. Anche perché i titolari dei locali romani sono già sul piede di guerra. L’incontro con il nuovo assessore al Commercio, Carlo Cafarotti, è stato «interlocutorio»: «Non ha dato elementi certi sul nuovo regolamento dell’occupazione di suolo pubblico - ricorda Pica -. Si è limitato a valutare i cambiamenti sul catalogo, ma il nostro problema sono i Piani e rilanciare l’economia a Roma con un programma strategico che metta in evidenza il Pil che portano i pubblici esercizi: dal 5 al 6%, con il turismo all’8%». Così è stata decisa una manifestazione a metà luglio davanti al Mise: «Ci rivolgeremo al ministro Luigi Di Maio per un tavolo sull’incremento dell’occupazione in città. Altrimenti la situazione potrebbe portare a licenziamenti di oltre 3 o 4 mila persone nelle nostre attività commerciali».
Non è molto diversa sull’argomento la posizione della Confcommercio, mentre la Cna è al contrario favorevole a che nei negozi di alimentari o di vicinato ci si possa sedere e mangiare con comodità. Per Luciano Sbraga, responsabile della Fipe (Federazione dei pubblici esercizi) di Roma la sentenza «riguarda un caso specifico... mentre noi ci atteniamo a quelle che sono le circolari del Mise che ha sempre parlato chiaramente delle differenza tra un’attività di somministrazione e una di consumo sul posto». E prosegue: «Non siamo assolutamente d’accordo sul fatto che la diversità possa riguardare solo il servizio. Ci sono anche i piatti ed i bicchieri. E infine non si capisce perché un bar o un ristorante hanno obbligo di avere i bagni, obbligo che non hanno gli alimentari o i laboratori artigiani: in pratica se vuoi lavarti le mani prima di mangiare un panino, non puoi farlo. Se un bar o un ristorante danno da bere a un ubriaco hanno una sanzione penale, gli altri solo amministrativa». Vanno invece «salvati» dalla chiusura anche con la possibilità di consumare sul posto gli artigiani alimentari per Giovanna Marchese Bellaroto della Cna Commercio. «In questo momento di crisi spiega - è un modo per salvarli. Vi può essere un pasto veloce e una consumazione decorosa anche senza l’assistenza del servizio a tavola».