Narducci, terzo testimone «L’auto era contromano»
Anche una passante accusa il guidatore
Un terzo testimone oculare inchioda alle sue responsabilità, secondo la procura in modo definitivo, l’automobilista Fabio Feola, 30 anni, indagato come colpevole dell’incidente in cui hanno perso la vita lo chef Alessandro Narducci e la sua amica Giulia Puleio. Il teste chiave è una donna di 40 anni, una passante, che la notte dello scorso 22 giugno ha visto andare contromano la Mercedes Classe A guidata dal giovane casertano sul lungotevere della Vittoria quando ha colpito lo scooter dello chef.
Un terzo testimone oculare inchioda, secondo la procura in modo definitivo, alle sue responsabilità Fabio Feola, il 30enne colpevole dell’incidente in cui hanno perso la vita lo chef Alessandro Narducci e la sua amica Giulia Puleio. Il teste chiave è una donna di 40 anni, una passante, che la notte dello scorso 22 giugno ha visto andare contromano la Mercedes Classe A guidata del 30enne casertano sul lungotevere della Vittoria quando ha colpito lo scooter dello chef.
Le parole della signora sono una svolta nell’inchiesta. Confermano, infatti, il racconto di altri due testi presenti sul luogo dell’incidente: un ciclista e un anziano. Anche loro hanno riferito di aver visto la Classe A spostarsi sulla carreggiata occupata regolarmente dallo scooter di Narducci, cresciuto alla scuola di Angelo Troiani e Heinz Beck.
Tre testimoni quindi blindano – per il pm – l’accusa contestata a Feola di omicidio stradale causato dalla violazione del codice della strada. Tuttavia la posizione dell’indagato potrebbe aggravarsi nelle prossime ore, quando saranno depositati i risultati delle analisi del sangue. Qualora l’esito mostri che il guidatore quella sera era ubriaco, è concreta la possibilità che la procura decida di procedere all’arresto.
Feola, interrogato su sua richiesta dal pm Pietro Pollidori poche ore dopo la tragedia, ha ammesso di aver bevuto «due bicchieri di vino durante una cena con amici». Il nodo è se e quanto quei «due bicchieri di vino» abbiano fatto alzare il tasso alcolico oltre il limite di 0,5 g/l previsto dalla legge. Il superamento della soglia, se riscontrato subito la notte del 22 giugno, avrebbe reso il fermo obbligatorio, come imposto dal codice in caso di flagranza di reato. Però quella sera non era stato possibi-
le sottoporre il 30enne all’alcoltest perché era stato necessario trasportarlo al policlinico Gemelli dove era arrivato in codice rosso. In ospedale però erano stati effettuati i prelievi del sangue di cui ora si attendono i risultati.
A favore dell’indagato – difeso dagli avvocati Pier Paolo Dell’Anno e Luigi Iannettone – c’è il comportamento tenuto dopo l’impatto, avendo Feola prestato soccorso alle vittime chiamando il 118. Inoltre il 30enne al momento non può guidare, essendogli stata ritirata la patente. Un altro elemento a suo sostegno è la relazione dei paramedici che hanno scritto nella cartella clinica di aver trovato l’indagato lucido. Certo, ora tutto dipende dagli esami del sangue. Se svelassero che quei «due bicchieri di vino» sono stati decisivi a stravolgerne le condizioni psicofisiche il quadro cambierebbe ancora. Per Feola in peggio.