LUOGHI CHE SONO AMORI
Ci sono luoghi che sono amori. In apparenza sono di tutti, piazze, strade, angoli, muretti, spiagge, panorami, sentieri, viali, attraversati ogni giorno da moltissime persone. Ma in realtà appartengono davvero e in segreto solo a qualcuno.
Sono quei luoghi che chiamiamo «il mio posto». Li amiamo dal momento esatto in cui vi accade qualcosa di memorabile. Un bacio, un addio, una promessa, un per sempre giurato alle stelle. Forse perché, come diceva Chawki Abdelamir, quando il tempo si arresta, diventa luogo.
Così non è possibile dimenticarlo o perderlo.Corso Francia è «il mio posto». Come anche Ponte delle Aquile, come chiamiamo noi Ponte Flaminio. Ne sono innamorato da un attimo esatto che ricordo benissimo. Ero sulla mia Vespa 50 Special bianca. Era il 1981. Erano quasi le otto di mattina. Stavo andando a scuola, c’era l’interrogazione di greco e non ero molto felice. Imboccai Corso Francia. Arrivato all’altezza di Ponte Flaminio, la vidi. Migliore delle tante invettive politiche e scritte enormi che apparivano sui lati verso il Villaggio Olimpico. Migliore anche di un’altra meraviglia apparsa poco tempo prima, «Amo Costanza ma senza speranza».
Lontana da ogni questione sociale, lei, vestita d’inchiostro rosso, svettava sul travertino bianco di quei ventisette metri di fine anni Trenta a nord di Roma.
In quell’istante decisi che se mai un giorno avessi scritto un libro, lo avrei iniziato esattamente con questa frase: «Cathia ha il più bel culo d’Europa». Il rosso graffito splendeva in tutta la sua sfacciataggine su una colonna del ponte di Corso Francia.
Sotto il mio casco apparve un grande sorriso. Il migliore che quella giornata avrebbe visto. E nel 1992 decisi di aprire «Tre metri sopra il cielo» omaggiando proprio quella scritta rossa.
Oggi invece soffro. Vorrei vedere Corso Francia e Ponte Flaminio sempre al massimo del loro splendore. Salvati dal degrado.
Protetti. Ammirati. Sicuri. Rispettati.
Il ponte è caro a molti e, da innamorato, non nascondo la mia gelosia: Dino Risi lo ha voluto nel suo «Poveri ma belli»; Nanni Moretti lo percorre due volte al giorno nel capitolo «Vespa», in «Caro diario»; Marco Risi lo mostra nel film «L’ultimo capodanno», quando lo fa percorrere da «Ossa di pesce» all’alba dopo l’esplosione del condominio.
Il mio Corso Francia, quello che io, ribelle, sfidando regole e divieti, con il mio cinquantino quando in realtà era permesso solo dai 150cc in su, malgrado la cilindrata la percorrevo tutta. Partivo da piazza Giuochi Delfici e arrivavo a Piazza Euclide, dove si sognava, dove c’erano i più grandi, le belle donne, le belle macchine, insomma quelli dei Parioli, perché a quattordici anni sogni o soffri con più facilità
Oggi altre regole vengono sfidate in nome di amore e amicizia.
Passando come faccio ogni giorno, vedo due pantere della polizia ferme. Più avanti alcuni motorini e due minicar. Gli agenti stanno parlando con alcuni ragazzini. Li hanno fatti scavalcare al di qua del parapetto del ponte. Hanno detto «Qui non potete stare, è pericoloso».
Loro se ne vanno. Ma torneranno domani. Si ritrovano sulla piattaforma sospesa, quella che senza protezioni si affaccia sul Tevere. Stanno lì, dal Corso non si vedono, parlano, si giurano
Ragazzi, attenzione Ma attenti, ragazzi di Roma Nord, la vita è bellissima e non è stare in bilico sul vuoto, è invece amare anche un semplice ponte, «il mio posto»
amore, si scattano selfie che poi condividono su Instagram con l’hastag #corsofrancia, guardano quella che definiscono la vista più bella di Roma e scrivono sul travertino frammenti del diario delle loro giovani vite.
Scritte che poi vengono pulite e puntualmente rifatte.
Ma attenti, ragazzi di Roma Nord, la vita è bellissima e non è stare in bilico sul vuoto, è invece amare, anche un semplice ponte, «il mio posto».
È sentirsi Tre metri sopra il cielo con la tua città, rispettandola come se fosse la tua ragazza, quella che ami, quella che faresti tutto Corso Francia di corsa solo per vedere il suo sorriso, che poi è la tua felicità.