SE IL VERDE CI RENDE COMUNITÀ
Ho letto che i parchi puliti, i giardini curati, le ville conservate, gli alberi potati, i prati ben mantenuti, le piante innaffiate, che insomma tutto questo non costituisce solo una salutare e doverosa difesa dell’ambiente, ma è anche un potente elemento di coesione sociale: rende la vita delle città più gentile, rafforza i legami di cittadinanza, consolida il senso di appartenenza. Ecco, Roma è la metropoli con più parchi e giardini di Europa. Ora è abbandonata e degradata, ma attraverso il suo verde ritrovato, irrorato da risorse e attenzione e autogoverno, magari potrebbe riscoprirsi addirittura comunità un po’ meno depressa. Magari.
Magari, se si avessero fantasia, volontà, coraggio. Doti che l’attuale amministrazione palesemente non ha, stretta tra l’inettitudine e una cronica incapacità di capire che una città non è solo un reticolo di procedure, ma un corpo vivo bisognoso di vitamine sociali. A Ostia c’era un piccolo parco abbandonato, ricoperto di erbacce, devastato, lurido. Per anni il Comune non ha fatto niente. Per anni i cittadini sono stati passivi, aspettando che il Comune immobile si scuotesse dal suo torpore, avviluppato in burocrazie da incubo, incapace di custodire un piccolo ma importante patrimonio. Poi i cittadini di Ostia si sono mossi, si sono organizzati, si sono autotassati rimuovendo comprensibili remore: ma come, paghiamo le tasse e nessuno si occupa di noi? Avevano ragione, ma intanto il degrado avanzava inesorabile, come in tanti posti di Roma.
Alla fine il piccolo parco ha ricominciato a funzionare, è ridiventato un centro pulsante di vita, un luogo dove i cittadini si riconoscono, si scambiano idee, fanno giocare i bambini e respirano meglio. Curano un pezzo di città come se curassero una parte di loro. Sentono di appartenere. Respirano meglio i polmoni, ma anche il cuore sociale. Magari non sono più felici, ma basterebbe che fossero un po’ meno infelici.
Magari l’amministrazione di Roma prendesse spunto da questa storia. O, se si vogliono fare esempi, basterebbe seguire il salvataggio dei cittadini di Villa Balestra: peccato che la notte i vandali distruggano ciò che viene curato di giorno. I cittadini possono fare tutto, ma che almeno il Comune, prigioniero della sua inefficienza e immobilità, si occupasse della sicurezza e della salvaguardia dei beni comuni.
Central Park a New York, un tempo in declino, è stata affidato da oltre 30 anni a un’organizzazione che l’ha preso in cura grazie alle donazioni di comuni cittadini, delle compagnie e delle fondazioni che garantiscono quasi l’80 per cento dei fondi per la manutenzione di 843 acri, con gli affitti dei campi di baseball, delle piste di atletica, e con la Filarmonica che per due settimane si esibisce gratuitamente. Si può fare a Villa Ada, abbandonata a se stessa, malgrado lo sforzo di volonterosi cittadini che la vogliono difendere. O a Villa Borghese, con quei busti distrutti che trasmettono l’idea della sconfitta di un’intera città. O nei tanti giardini e parchi distrutti che pure circondano
Senso di comunità Ogni metro di verde guadagnato è un pezzo di comunità perduta che si ricostruisce
le cosiddette «periferie». Si può fare nei quartieri dove gli alberi cadono senza un servizio pubblico che se ne prenda cura, le piante muoiono, le erbacce sembrano averla vinta. Non diamogliela vinta. Non diamo a questa amministrazione comunale, inetta e incompetente, l’impressione che siamo rassegnati al peggio. Ogni metro di verde guadagnato è un pezzo di comunità perduta che si ricostruisce. Magari.