Corriere della Sera (Roma)

Tutti i colleghi sono sotto choc: siamo pietrifica­ti

Paura e speranza, fino a ieri pomeriggio: gli sforzi dei genitori e degli amici per risalire a lui

- Di Andrea Arzilli

Icamerieri del ristorante Capperi!, il locale alla Balduina dove lavorava Matteo, hanno appreso la notizia del ritrovamen­to del cadavere a metà pomeriggio, mentre erano tutti riuniti per pranzare tra le due infornate di clienti. «Siamo rimasti di pietra, ancora non possiamo credere che sia vero tutto questo», non si capacitano gli ex colleghi (per altro molti coetanei di Matteo), praticamen­te tutti sconcertat­i e in lacrime.

Sono trascorsi pochi minuti dalla mezzanotte e mezza di mercoledì 11 luglio. Matteo Barbieri esce dal ristorante dove lavora come cameriere da pochi mesi. Invia un messaggio alla madre Maria per darle la buonanotte e uno alla fidanzata Diana Pandel, la saluta con un «amore sto tornando a casa». Deve percorrere poco più di trenta chilometri fino ad Anguillara Sabazia, paesino a metà strada per Viterbo, dove divide un appartamen­to con un amico. Non ci arriverà mai. Il giorno dopo, giovedì 12 luglio, familiari e amici sono già allarmati, lo chiamano ripetutame­nte ma Matteo non risponde. I genitori Maria Mogavero, fisioterap­ista, e Angelo Barbieri, custode in un palazzo della Balduina, sporgono la denuncia di scomparsa di Matteo e della sua moto, una Honda rossa. La segnalazio­ne viene condivisa sui social con la richiesta di aiuto diretta a chiunque possa aver visto il giovane, che quando è sparito indossava un giubbotto da moto nero.

I carabinier­i della compagnia Trionfale e quelli di Bracciano avviano le vaste ricerche per le strade della periferia della Capitale fino alla Tuscia. L’ipotesi iniziale è che Matteo abbia avuto un incidente sulla via Braccianen­se. Si alzano persino i droni nella giornata di lunedì 16. Matteo ormai è sparito nel nulla da oltre cinque giorni. Nessuna traccia, nessun indizio. Si moltiplica­no le segnalazio­ni, persino alcune sensitive rivelano di aver visto il giovane riverso in un canale. La famiglia non si arrende. Si bussa casa per casa, il papà Angelo batte palmo a palmo ogni possibile telecamera privata che possa aver ripreso il passaggio del figlio. Si profila l’ipotesi della fuga volontaria. «Matteo è un bravo ragazzo, casa e lavoro, l’unico screzio che abbiamo avuto mesi fa è avvenuto quando ha deciso di lasciare la scuola a un passo dal diploma», racconta ormai stremata il 17 luglio la mamma Maria. Voleva essere indipenden­te il diciottenn­e, così era andato a vivere da solo e si era messo a lavorare. Anche per la fidanzata Diana sembra impossibil­e che sia fuggito. La speranza è sempre più flebile. L’unico indizio che fa gelare il sangue ai genitori è la traccia del cellulare di Matteo, acceso il giorno dopo la scomparsa. Il papà Angelo ne ha seguito gli spostament­i con un’applicazio­ne del cellulare: non si spiega la presenza del segnale vicino la rotatoria de La Storta, è in quella zona vasta che si è agganciato alla cella il telefonino del ragazzo. Ma il tempo trascorso dalla sparizione di Matteo fa temere il peggio.

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Mamma Nella foto Maria Mogavero, fisioterap­ista, mamma di Matteo (LaPresse)

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