Edoardo Leo si racconta ma solo sul palco
Giovedì ad Anzio sarà in scena con un reading-concerto: «Mi concedo la libertà di aprirmi ai ricordi personali e alle considerazioni sulla vita»
Attore per natura. «Sono autodidatta, non ho frequentato né l’Accademia d’Arte drammatica né il Centro Sperimentale di Cinematografia». Antieroe per scelta. «I vincenti predestinati non mi sono mai piaciuti, mentre ho un debole per chi lavora nell’ombra e conquista le sue vittorie con fatica». E riservato per necessità. «Rilascio dichiarazioni e uso i social solo per parlare di impegni professionali. Voglio che la mia vita privata rimanga, appunto, privata».
Edoardo Leo è il divo non divo atteso giovedì ad Anzio con il suo Ti racconto una storia (letture semiserie e tragicomiche) per inaugurare «Anzio Estate Villa Adele», rassegna organizzata da Ventidieci e Teatro Ghione che fino al 21 agosto offre un calendario tra musica e teatro.
Si parte con il reading-concerto in cui l’artista romano, accompagnato dalle musiche di Jonis Bascir, condensa appunti, suggestioni e pensieri raccolti nella sua carriera. Venticinque anni tra ritagli di giornali, foto, canzoni e citazioni trasformati in uno spettacolo camaleontico, che cambia forma e contenuto ad ogni replica in base al luogo e all’occasione. «Quello che non dico volentieri attraverso i mass media arriva invece in scena – commenta - dove mi concedo la libertà di aprirmi ai ricordi e alle considerazioni sulla vita. È lo spettacolo giusto per conoscermi e capire chi sono al di fuori dei ruoli che interpreto».
Uno show senza copione né scadenza, che l’attore porta in giro da anni nella provincia italiana. «Evito di proposito le tappe nelle grandi città – spiega – per offrire una sorta di riscatto a quel pubblico che non ha un teatro a portata di mano». Ad Anzio, oltre ai versi dei suoi scrittori preferiti (Eco, Calvino, Marquez, Benni), presenta uno dei suoi primi monologhi comici. «Proprio a Villa Adele, durante la manifestazione nautica “La regata del cuore”, scrissi un testo ironico sul linguaggio velico. Fu un successo e mi convinse che nel mio destino c’era la commedia. È il caso di tirarlo fuori dal cassetto della mia carriera».
Una carriera costruita lentamente, personaggio dopo personaggio. E incardinata su parecchi «no», detti e disdetti. «Quando lessi il copione di Perfetti sconosciuti non ero affatto convinto di accettare la parte dell’unico personaggio del film che non ha una redenzione finale – confessa Leo – ma poi sentii che era ora di calarmi in un ruolo di rottura, sia per me che per il pubblico». E ne uscì più popolare di prima,
con in tasca un Nastro d’Argento. Disse «no» anche ai sequel di Smetto quando voglio. «Non credevo nell’idea di inseguire il successo del primo film di Sibilia – ricorda l’attore – ma lessi comunque le nuove sceneggiature: impeccabili, impossibile rifiutare». Stessa storia per il DopoFestival a Sanremo 2018. «Presentatore tv? No, grazie – racconta – ma poi Baglioni garantì che potevo farlo a modo mio e accettai». Risultato: un DopoFestival tra i più seguiti di
sempre, anche se Leo non si dice certo di volerlo rifare.
Intanto ha appena girato il film Non ci resta che il crimine di Massimiliano Bruno, sta scrivendo la sua prossima sceneggiatura e lo stuzzica l’idea di scrivere un romanzo. «Un editore me lo ha già proposto. E in fondo ciò che amo di più è raccontare – conclude – ma per il momento ho detto no». Che nel suo caso, forse, significa sì.
❞ Un editore mi ha proposto di scrivere un romanzo. E in fondo ciò che amo di più è raccontare. Ma per il momento ho detto no