ROMA-LAZIO, I COLPI CHE MANCANO
Gli innesti di Lotito non sufficienti, la rivoluzione di Pallotta suscita interesse ma anche perplessità
Meno di tre settimane alla fine del mercato e all’inizio del campionato: l’astinenza da calcio giocato - quello vero sta dunque per concludersi. Ma non il lavoro di Roma e Lazio, ancora nel pieno dei rispettivi percorsi di rafforzamento delle squadre. Fino a questo momento, balza agli occhi soprattutto la differenza di strategie tra la società di James Pallotta e quella di Claudio Lotito, peraltro una costante chiara nel corso di questi ultimi anni. La Roma ha operato quella che da più parti viene definita come una rivoluzione: undici acquisti (qualche big e molti giovani di talento) e due cessioni eccellenti (il portiere Alisson e il centrocampista Nainggolan). Si va così delineando un gruppo a immagine e somiglianza del direttore sportivo Monchi, d’intesa con l’allenatore Eusebio Di Francesco. Un bel colpo di ramazza alla gestione di Walter Sabatini per (ri)costruire la Roma secondo nuovi modelli e nuove scelte.
Senza dubbio una linea programmatica coraggiosa, specialmente perché viene all’indomani di una stagione che ha visto i giallorossi mancare di pochissimo la finale di Champions League e conquistare il terzo posto in campionato. Chi pensava che fosse necessario soltanto puntellare l’organico in alcuni ruoli, si è ritrovato clamorosamente smentito. E ora i giudizi oscillano tra l’interesse che comprensibilmente suscita un cambiamento tanto radicale, e la diffidenza, altrettanto legittima.
Sappiamo bene, d’altra parte, come le incognite siano la diretta conseguenza di ogni rivoluzione, specie quando si passa attraverso investimenti su ragazzi dal futuro tutto da scoprire. Karsdorp è a posto fisicamente o Florenzi sarà ancora costretto a giocare terzino destro? Kluivert, Coric e Bianda riusciranno a imporsi all’esordio in serie A? Cristante ripeterà le brillanti stagioni con l’Atalanta? Olsen? Sarà capace di non far rimpiangere Alisson? Schick saprà dare libero sfogo al suo talento purissimo? In attesa delle risposte, Di Francesco vuole ulteriormente premunirsi: non è un caso, infatti, che attenda un centrocampista di grande qualità e un esterno d’attacco di piede mancino, da buttare nella mischia senza tentennamenti.
La Lazio si è svegliata appena nei giorni scorsi, dopo un avvio di mercato di basso profilo. Niente colpi a effetto ma innesti mirati per colmare le lacune dell’anno scorso. Finora il centrocampo è l’unico reparto migliorato, grazie a Berisha e a Badelj. Buono anche l’acquisto di Correa, a coprire la partenza di Felipe Anderson. Restano il buco in attacco, con un vice Immobile, da 8-10 gol, che ancora non è stato trovato, e l’incompletezza della difesa. La perdita di De Vrij è paragonabile a quella di Alisson per la Roma, e Acerbi - per quanto bravo ed esperto - non è al livello dell’olandese. Servirebbe un altro difensore, considerata la modestia tecnica di alcuni in organico, e sarebbe servito anche un portiere di affidabilità superiore rispetto a quella dell’attuale titolare. Ma è intorno alla figura di Milinkovic-Savic che ruotano le ambizioni biancocelesti: il serbo resterà oppure verrà sacrificato, come sembra, in nome dell’offerta «indecente»? Con Milinkovic-Savic, ovvio, la Lazio potrebbe lottare per la Champions. Senza, come ha già spiegato Inzaghi, la storia sarebbe tutta diversa.