Collettivo cinetico, Sylphidarium per ballerini punk
Il Collettivo Cinetico rilegge la celebre coreografia romantica del 1832 Abbandonate scarpette e tutù, salgono sul palco i ballerini punk
L’operazione messa a segno dal Collettivo Cinetico con Sylphidarium, spettacolo nerboruto e allo stesso tempo concettuale che stasera arriva sul palco della rassegna «Il Giardino ritrovato» a Palazzo Venezia, è un condensato di storia del balletto classico, tecnica, sperimentazione e infine avanguardia della danza contemporanea.
Una proiezione distopica e vigorosa che prende l’ispirazione, il titolo e finanche il sottotitolo - Maria Taglioni on the ground- dal balletto fondativo della danza romantica insieme alla sua musa: La Sylphide interpretato da Maria Taglioni nel 1832 sul palcoscenico dell’Opéra di Parigi. Un lavoro rivoluzionario per l’epoca, coreografato appositamente per la ballerina italiana, che segnò l’introduzione delle due grandi innovazioni del balletto romantico, il tutù e la danza sulle punte. Nonché l’acconciatura à bandeaux (con la riga in mezzo e i capelli schiacciati sulle tempie) diventata poi distintiva della danzatrice classica.
Francesca Pennini, fondatrice della compagnia «cinetica», poi ideatrice e coreografa di Sylphidarium (con Simone Arganini, Margherita Elliot, Carolina Fanti, Carmine Parise, Angelo Pedroni, Stefano Sardi), recupera quell’esperienza e la connette alla sua evoluzione astratta Les Sylphides del 1909, per superarle entrambe in un processo metabolico che fa esplodere i canoni del passato in una performance adrenalinica e ironica capace di trasformare le romantiche scarpette da punta e i vaporosi tutù in un’eccentrica sfilata di ballerini punk tra kilt scozzesi, passamontagna, calzamaglie argentate e scaldamuscoli degni di una lezione di aerobica modellata sui video d’annata di Jane Fonda. E anche i movimenti si aprono alla ginnastica, all’acrobatica e al culturismo in una coreografia corale, pulsante, senza tregua, che però non tradisce il balletto. Al contrario lo esalta, riuscendo a proiettarlo nel futuro prossimo, tra corpi mutanti eppure ascetici immersi nel bianco abbagliante di uno scenario lunare.
Così Pennini fa a pezzi la tradizione classica, la smonta e la rimonta in una personalissima riscrittura che ha il sapore della rinascita e ricorda certi mutamenti visti in natura: il serpente che cambia pelle o il bruco che diventa farfalla, dimostrando come uno sguardo ardito e consapevole possa rivoluzionare anche le solide regole della danza classica. Il tutto sostenuto dall’esecuzione dal vivo della musica di Francesco Antonioni, con il violino di Marlène Prodigo e le percussioni di Riccardo Guidarini, e ospitato nello scenario «ritrovato» del giardino interno di Palazzo Venezia grazie al progetto culturale «ArtCity» e al direttore del Museo Sonia Martone con Davide Latella e Anna Selvi del Polo Museale del Lazio diretto da Edith Gabrielli.
Palazzo Venezia
Lo spettacolo è in scena stasera per la rassegna
«Il Giardino ritrovato»