Uccide la compagna a colpi di piccozza
L’uomo si è costituito a Latina
Voleva uccidersi ma non ne ha avuto il coraggio. E così dopo aver girovagato per Roma è tornato verso casa, a Terracina, e si è costituito dai carabinieri di Latina. Emanuele Riggione, 42 anni, con precedenti di polizia, separato e padre di due bambini, è finito in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato. Ha ucciso Elena Panetta, assistente scolastica di 58 anni, con una piccozza: «Non ha voluto pagarmi ancora la droga e l’ho ammazzata». Il delitto non lontano dall’Appia.
Voleva uccidersi ma non ne ha avuto il coraggio. E così dopo aver girovagato per una notte intera per Roma al volante della Panda della donna che aveva appena assassinato, è tornato verso casa, a Terracina, per trovare il coraggio di farla finita, questa volta in un terreno che era stato di proprietà della sua famiglia. Ma alla fine ha desistito ancora e si è presentato nella caserma del comando provinciale di Latina per costituirsi. «Arrestatemi, ho ucciso una donna a Roma. Non ha voluto pagarmi ancora la droga e l’ho ammazzata». Questa la confessione, rilasciata non senza difficoltà e grazie alla sensibilità del maresciallo che aveva davanti, di Emanuele Riggione, 42 anni, con precedenti di polizia, separato e padre di due bambini, finito in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato.
È stato lui a fornire ai carabinieri le indicazioni per trovare il corpo della vittima, uccisa con una piccozza. Elena Panetta, assistente scolastica di 58 anni, è stata così scoperta senza vita nel soggiorno del suo appartamento in via Corigliano Calabro 27, al quartiere Statuario, non lontano da via Appia. È stata massacrata con diversi colpi alla testa al culmine di una lite avuta con il 42enne con il quale conviveva da qualche tempo. Fendenti sferrati con una violenza tale che alla fine il manico della piccozza si è spezzato. È stata anche colpita con un coltello. «Siamo stati insieme anche nella serata di domenica e poi anche fino a tarda notte avrebbe raccontato Riggione nella sua confessione, ripetuta poi davanti al pm Valerio De Luce -. Mi ero rifugiato da lei, era la mia compagna. Abbiamo consumato insieme dosi di cocaina, ma io ne volevo altra e così le ho chiesto i soldi per andarla a comprare. Ma lei si è rifiutata e allora non ci ho visto più e l’ho colpita».
Agli accertamenti tecnici all’interno dell’appartamento al pianterreno hanno partecipato anche gli investigatori della compagnia Casilina che hanno indagato fianco a fianco con i colleghi di Latina. Ora sono concentrati nella ricerca dei parenti della vittima perché fino a questo momento non sono stati trovati. La donna viveva sola e per gli investigatori assumeva cocaina. L’arma del delitto è stata ritrovata proprio nell’abitazione dove è stato commesso l’omicidio, che secondo chi indaga ha avuto da contorno una situazione di profondo degrado. Dagli accertamenti dei carabinieri e emerso che l’omicida si era allontanato dalla sua abitazione dopo la separazione dalla moglie e aveva anche smesso di lavorare. «Abbiamo consumato parecchia cocaina, non sono mai stato così violento. Forse è stata la droga a trasformarmi in un assassini», avrebbe raccontato ancora agli investigatori prima di essere portato in carcere.