Corriere della Sera (Roma)

Mini market, in Centro è il Far West

Decine di locali vendono cianfrusag­lie di ogni tipo e alcolici nelle zone più frequentat­e dai turisti

- Di Paolo Conti

Le insegne, che poi sono semplici cartellini, hanno nomi ossessivam­ente uguali: market, mini market, super market, bar, mini bar. Un’assenza di identità che omologa le decine di non-negozi tutti identici. Un vero negozio presuppone l’esistenza di merci autentiche e di un decente rapporto negoziante-cliente: questi sono semplici locali aperti su strada ossessivam­ente standardiz­zati nella collocazio­ne e nella proposta di merci.

Un’epidemia che ha modificato il volto del centro storico, soprattutt­o tra piazza Navona, Campo de’ Fiori, corso Vittorio. Potrebbero essere aperti in qualsiasi angolo del mondo: acqua minerale, Coca cola, bibite di vario tipo. E poi, naturalmen­te, cappelli di paglia e di cotone, borse e zaini, collanine. Le scritte da appendere con le calamite incorporat­e: «Domus Aurea/Benvenuti, casa dolce casa» (sfondo Colosseo), «Roma the eternal city» (ovviamente made in

China, con silhouette colorate del Pantheon, della Fontana di Trevi, naturalmen­te del Colosseo, dell’Altare della Patria e persino dell’Eur), i quadrati più grandi citano in finto marmo «In Vino Veritas/Spqr», «Veni vidi vici», «Omnia vincit amor».

Volendo, per sei euro è disponibil­e un ritratto colorato su marmo di Francesco Totti «the Legend». E poi mitragliat­e di ventagli di plastica e di legno leggero, tutti con l’inevitabil­e Colosseo, con la povera Fontana di Trevi, o con un ponte che lascia vedere San Pietro coloratiss­imo al tramonto così come lo immaginere­bbe un cinese a Pechino.

Vanno moltissimo, a giudicare dall’offerta, i completi in plastica per bambini desiderosi di mascherars­i da gladiatori (25 euro). Poi i calendari con aitanti modelli camuffati da improbabil­i sacerdoti (Roma, San Pietro, il Vaticano...) o altrettant­i energumeni tatuati spacciati per gladiatori romani, un esemplare umano maschile al mese 10-15-20 euro dipende dalla qualità (si fa per dire) del prodotto.

Molto interesse continuano a riscuotere l’invenzione contempora­nea di souvenir mai prodotti a Roma: chi li

Il capitano

Per sei euro disponibil­e un ritratto colorato su marmo di Francesco Totti «the Legend»

compra, ignora che fino a cinque-sei anni fa nemmeno esistevano. Prendiamo le boccette di limoncello, liquore che è legato alla tradizione gastronomi­ca capitolina esattament­e come la romanissim­a porchetta può ricordare Cortina d’Ampezzo. Eppure gli incolpevol­i turisti comprano e portano a casa, convinti che nelle campagne romane si producano agrumi e limoncello invece che l’ottima uva per il Frascati o per l’Est-Est-Est. Così come portano a casa pacchi di pasta tricolore, spesso a forma di organi sessuali maschili, anche quella piazzata sul mercato dei ricordi come «Souvenir of Rome».

Di non-negozi come questi è strapieno l’asse piazza Navona-Campo de Fiori-corso Vittorio. Proprio su corso Vittorio (dove le auto continuano a correre come al circuito di Monza senza nemmeno l’ombra o il sospetto di un vigile, nonostante l’atroce recente tragedia di Caterina Pangrazi travolta da un pullman turistico il 19 luglio) nel tratto tra largo Argentina e il lungotever­e se ne possono contare otto: tutti identici, figli della medesima invasione commercial­e che ha cancellato botteghe storiche o semplici negozi tradiziona­li. È come se una pianta endemica avesse invaso le strade del centro, collocando ovunque i propri frutti, ovvero i nonnegozi, gestiti da cinesi, o da immigrati dal Bangladesh, con scarsa familiarit­à con l’italiano e anche con l’inglese. Talvolta, come nel caso della vecchia e bella cartoleria che si affacciava su corso Rinascimen­to (anche lì, ben quattro non-negozi) all’angolo con via dei Canestrari (da sola ne ospita tre) si usano gli stigli in legno anni ’50 che hanno certamente un discreto valore da modernaria­to. Adesso, al posto di libri e materiale da cancelleri­a, ecco i panama, i foulard con le fontane di Roma, gli ombrelli (nemmeno a dirlo, souvenir

Cattivo gusto Sui calendari si vedono energumeni tatuati spacciati per gladiatori romani

of Rome), un mare di valigie, un monte di zaini anche in pelle, una mitragliat­a di cappellini col marchio Ferrari, palloni da calcio, sandali infradito, sciarpe della Roma e della Lazio, ma anche di tutte le squadre di serie A, grembiuli per cuochi e cuoche (molto richiesti quelli con il David di Michelange­lo vistosamen­te «corretto» nell’area pubica), bavarole per neonati.

È tutto così, anche in via de’ Baullari e in largo Teatro di Pompeo, dove i non-negozi si trasforman­o in tre bancarelle che hanno stravolto e interament­e occupato la piazza. Un delirio commercial­e che ha devastato l’identità estetica di buona parte del centro storico romano. Un atroce delitto culturale che le altre grandi Capitali europee, per loro fortuna, ignorano. Solo a Roma, si dice spesso. Purtroppo è così: solo a Roma.

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LaPresse) Il divietoPas­ta, limoncello e birra in vendita da Bertè nonostante il divieto del regolament­o comunale varato il 18 aprile (foto Panegrossi/
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(foto Panegrossi/LaPresse) Paccottigl­ia Dall’alto, via dei Canestrari, corso Rinascimen­to e via della Cuccagna
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