Buche e arbusti, gincana ciclabili
Viale delle Milizie, piazzale delle Belle Arti, Tor di Quinto, lungotevere: interventi non rinviabili
Trabocchetti più o meno visibili sulla maggior parte delle corsie riservate alle due ruote
Il volto di Roma d’agosto è una mescolanza di bellezza e incuria. Ma i monumenti non riescono a nascondere il degrado. A presentare l’aspetto più rovinoso sono le piste ciclabili. A più di due anni dall’insediamento della giunta M5S, che ha fatto della mobilità sostenibile una bandiera, le piste per le due ruote sono poche, fatte male, incomplete e pericolose agli incroci.
Il volto di Roma d’agosto è una mescolanza di bellezza e incuria. Ma i monumenti millenari che emergono silenziosi nella loro maestosità non riescono a nascondere il degrado delle strade vuote.
A presentare l’aspetto più rovinoso sono le piste ciclabili. A più di due anni dall’insediamento della giunta pentastellata guidata da Virginia Raggi, che ha fatto della mobilità sostenibile una bandiera, le piste per le due ruote sono poche, fatte male, incomplete e pericolose agli incroci. Le uniche ciclabili realizzate (con progetti pregressi) raggiungono a malapena i quattro chilometri: Santa Bibiana vicino alla stazione Termini (circa 300 metri) e via Nomentana di prossima apertura (3,8 chilometri), una goccia nell’oceano nella capitale del traffico e delle auto, con quasi sette veicoli ogni dieci abitanti.
Per di più le piste esistenti rappresentano piccoli tratti che non collegano punti nevralgici, come la ciclabile in corso di realizzazione sulla Nomentana, che raggiunta Porta Pia si interrompe in prossimità del ministero dei Trasporti lasciando i ciclisti contromano rispetto alla viabilità delle auto e costringendoli a scendere per attraversare a piedi il semaforo dei pedoni. Per chi va all’università La Sapienza o alla stazione o si reca al lavoro, da quel punto l’unica soluzione per non rimanere travolti dai veicoli è pedalare sul marciapiede. Certo, almeno la pista è nuova e bella. Percorrendo le altre vecchie e lasciate all’incuria, invece, si incontrano per lo più erbacce e foglie, cataste di rami abbandonati, radici che deformano l’asfal- to e non ultime le buche.
Sulla ciclabile di viale delle Milizie, dove le foglie sono tappeti scivolosi in tutte le stagioni, compresa l’estate, bisogna difendersi dai rami tra i raggi della bici e dalle fronde degli alberi negli occhi. I ciclisti abbassano la testa per evitare frustate sul viso e rimangono in bilico sul-
Realizzazioni
A più di due anni dalla nascita della giunta 5S realizzate solo Santa Bibiana e Nomentana
Le «vie» per le due ruote non collegano punti nevralgici e sono pericolosi agli incroci
la metà della pista di viale della Moschea, dove la vegetazione ha raggiunto volumi tali che certi tratti sembrano gallerie chiuse. Nastri arancioni abbandonati da mesi (o anni) costeggiano lunghi tratti di ciclabile rendendola scivolosa. Da ponte Milvio a viale Tiziano vanno per la maggiore le buche e i cespugli e superando il giardino di via Flaminia che ospita il Tree Bar le salite sui marciapiedi rotti sono d’obbligo. Arrivati poi in piazza delle Belle Arti bisogna stare attenti alle numerose cataste di rami, alcuni abbandonati dai tempi della neve, mentre salendo ai Parioli si incontra una vera minaccia in via Rossini, dove i dossi provocati dalle radici degli alberi sono alti anche 30 centimetri: se non si va a passo d’uomo si rischia di cadere. La visibilità è pessima perché le chiome degli alberi scendono sulla pista e la segnaletica a terra è inesistente. Meglio scendere dalla bici e spingerla per il tratto davanti alla residenza dell’ambasciatore americano a Roma.
E se la ciclabile sulle banchine del Tevere è interrotta temporaneamente dagli stand, dai ristoranti e dai bar dell’Estate romana, il viaggio a due ruote tra storia e archeologia - ponti Mazzini, Risorgimento, Sant’Angelo, Sisto fino a Sublicio - continua ad essere incerto e pericoloso anche per i rimasugli di fango e le buche. «Andare in bicicletta in città è prima di tutto una questione di spazio», chiarisce Paolo Bellino, uno dei fondatori di Salvaiciclisti, tra le 60 associazioni scese in piazza lo scorso aprile per protestare contro l’invasione delle auto e reclamare il diritto alle due ruote in strada. «Dobbiamo incentivare l’abbandono dell’auto privata in favore delle bici, del car sharing e del mezzo pubblico aggiunge -. La media europea di 450 auto ogni mille abitanti deve essere un nostro obiettivo. Se in ogni macchina c’è una persona soltanto, significa impegnare in strada dieci metri quadri invece di un metro e mezzo».