Legambiente: «Piste insicure, costruite male»
«Il degrado non deve nascondere il fatto più grave: le infrastrutture sono fatte male». Alberto Fiorillo, responsabile di Legambiente per le ciclabili e tra i progettisti del Grab (Grande raccordo anulare delle bici), sottolinea come i due temi principali in materia siano accessibilità e sicurezza. «Secondo i dati Istat ogni giorno a Roma ci sono 46 incidenti stradali con danni alle persone, una dimostrazione di come sia una città con un elevato tasso di sinistri. È evidente quindi che uno dei principi cardine per la realizzazione delle ciclabili sia la sicurezza. Non si possono progettare piste nuove senza pensare ai percorsi protetti».
Come crearli?
«Sulle vie più trafficate la soluzione più idonea è una barriera di cemento che protegga le bici da strade e marciapiedi. E poi vanno messi in sicurezza gli incroci, che sono fatti tutti con l’interruzione della ciclabile. La soluzione è invece il contrario: la continuità deve essere garantita alle biciclette e non alle auto. Anche la ciclabile Nomentana ha un livello di sicurezza agli incroci molto basso».
Quindi oltre ai semafori cosa servirebbe?
«La soluzione migliore è la piattaforma rialzata, cioè una pedana dove la pista ciclabile prosegue e l’auto invece si trova di fronte una salita di almeno di 20 centimetri, come un dosso, che la costringe a rallentare e vincola l’automobilista a una maggiore attenzione. Il rialzamento deve essere ovviamente ben segnalato. Ma non è l’unica proposta, ci sono anche le colorazioni speciali e i semafori lampeggianti».
Cosa non va negli incroci della nuova ciclabile Nomentana?
«La pista ha le caratteristiche delle vecchie ciclabili romane: invece di correre in carreggiata segue il marciapiede e rispetto a pochi attraversamenti della strada si ritrova circa 70 intersezioni tra incroci, passi carrabili, ingressi di palazzi e ville. Aumentando gli incroci, aumenta la pericolosità. Ma non è l’unico limite».
Che altro?
«Si è tolto lo spazio ai pedoni e ci sono piccole trappole come quella di ponte Nomentano dove c’è la scala di un sottopassaggio. Mentre dalla parte opposta verso Porta Pia si interrompe all’altezza del Mit e costringe il ciclista a buttarsi nel traffico delle auto contromano».
Ma almeno collega il centro con Montesacro.
«In realtà non soddisfa le esigenze principali di progettazione: si interrompe proprio prima di collegare le zone dove c’è forte domanda di mobilità nei quartieri di Montesacro e Conca d’Oro da una parte e stazione Termini, policlinico e università dall’altra, che stanno a poche centinaia di metri. Le ciclabili devono essere funzionali alla mobilità urbana e devono essere collegate tra loro».
Perché secondo lei non si è pensato al collegamento?
«Il progetto era già stato approvato prima di questa amministrazione ed è stato portato avanti senza modifiche»
Torniamo alle vecchie ciclabili, come si dovrebbe fare la manutenzione?
«Il primo intervento è l’uso. Le infrastrutture molto utilizzate sono oggetto di una sorta di manutenzione spontanea, perché l’uso frequente evita l’invasione della vegetazione, garantisce il controllo del territorio e spinge gli enti locali a intervenire per la pulizia delle strade, lo sfalcio e le potature».
Cosa consiglia?
«Bisognerebbe copiare i buoni esempi. C’è un lungo catalogo da cui poter scegliere gli interventi. Ad esempio Pesaro con la bicipolitana mette insieme la sicurezza e l’unione di zone con forte domanda di mobilità. Oppure Bolzano, che ha introdotto assi privilegiati per l’attraversamento delle bici».
Roma ha vinto un premio internazionale nel 2015 con il Grab, a che punto siamo?
«Il progetto è al tavolo tecnico del Mit che deve dare il via libera. Il Campidoglio ha fatto una stima di cinque anni per realizzarlo, ma si dovrebbero studiare dei passaggi - che sono possibili - per accelerare l’iter e terminarlo in 18 mesi».
«Bisogna proteggere i ciclisti, la soluzione migliore è una piattaforma rialzata»