Enricomincio da me: una vita da Brignano
Ricordi, incontri, la mamma ottantenne. Enrico Brignano si racconta alla vigilia del suo show «Enricomincio da me Unplugged»: «Più intimo rispetto al precedente. Per questo che ho scelto il termine unplugged, riferito ai concerti acustici senza amplificatori».
Stavolta un Enrico Brignano più intimo: Enricomincio da me, unplugged è il titolo dello spettacolo con cui l’attore torna in scena domani alle 21.30 nell’ambito del Vulci Livefest a Montalto di Castro. «Sì, più intimo rispetto allo spettacolo precedente — conferma Brignano — ed è per questo che ho scelto il termine unplugged, proprio perché si riferisce a quei concerti acustici senza amplificatori, dunque meno urlati e, siccome si parla di me, voglio instaurare un rapporto più confidenziale col pubblico».
Reduce dal successo di pubblico raccolto con il tour precedente, Enrico inaugura ora il suo tour estivo con la certezza di un intrattenimento scenico arricchito da nuovi contenuti: «Ai miei trent’anni di carriera, già esplorati in passato, aggiungo altri dettagli importanti, allargandomi alla parte più sentimentale: per esempio il mio rapporto con i genitori, con la mamma oggi ottantenne che, nonostante l’età e qualche acciacco, continua a venire a vedere i miei spettacoli. Forse per affetto nei confronti del figlio, ma soprattutto perché nun se ricorda della volta precedente... e infatti le dico: mamma, ma sei venuta pure l’altra volta... E lei risponde: sì, ma siccome tu parli troppo veloce, non mi ricordo quello che hai detto».
Un excursus di storie, situazioni, personaggi, aneddoti e tante situazioni comiche, scritto insieme ai suoi autori sodali (Mario Scaletta, Riccardo Cassini, Manuela D’Angelo, Massimiliano Giovanetti, Luciano Federico). «Il tempo passa e fugge. Da quando iniziai, frequentando il laboratorio di Gigi Proietti, chi si immaginava una carriera così lunga? Quando ho iniziato non avrei mai creduto, un giorno, di diventare capocomico, di riempire gli anfiteatri, i palasport... Tante vicissitudini, grandi gioie e pure delusioni che fanno parte di un percorso artistico e che racconto in modo ironico. E poi il risvolto personale, le faccende domestiche, private, quei panni sporchi, insomma, che si lavano col pubblico e in pubblico. Porto a spasso il pubblico nelle mie smemorie, tra frammenti e rammenti».
Tra le numerose vicissitudini, anche qualcosa che non è andata per il verso giusto? «Certo! — ribatte il comico romano — Di cose che potevo fare meglio ce ne sono, eccome! Onestamente mi viene da dire che, se potessi togliere dal curriculum quel determinato errore, lo farei. Però la storia di una persona è fatta di tante esperienze e, se non fai quelle negative, non ti godi nemmeno quelle positive. Tuttavia di sconfitte a teatro ne ho avute davvero poche: ho calcato le tavole del palcoscenico, senza respirarne per fortuna la polvere. Ho fatto grandi incontri, a cominciare da Gigi (Proietti), e poi Vittorio Gassman, Lino Banfi, Giorgio Albertazzi...». Cosa ha imparato da loro? «Un vecchio detto recita: al capocomico non rubare la donna, rubagli il mestiere. Ed è quello che ho cercato di fare tenendo gli occhi e le orecchie bene aperti».
Il rapporto con la Roma di oggi? «Di grande sofferenza. Vederla così è triste: è una capitale sotto scacco. Certo è sempre stata una città difficile sin dai tempi degli imperatori, ma oggi di malfattori ce ne sono troppi. Il tutto aggravato dall’indole dei romani stessi, che s’arrangiano, s’accontentano, e invece non dovrebbero accontentarsi... La sporcizia, le buche, la metropolitana che non passa, e con lo sciopero è un terno al lotto se riesci ad acchiappare un autobus... se vai a Belluno è tutto diverso... e qui siamo nella Capitale d’Italia! Abbiamo gli occhi del mondo addosso! Non esiste più la Roma de Trastevere, ma quella cafona dei coatti coi tatuaggi e il piercing ai genitali... Una Roma senza via d’uscita».
Confessioni Ai trent’anni di carriera aggiungo altri dettagli, portando a spasso il pubblico nelle mie s-memorie, tra frammenti e rammenti
Incontri
«Proietti, Gassman, Banfi, Albertazzi... Un vecchio detto recita: al capocomico non rubare la donna, rubagli il mestiere»