CAPITALE E ORGOGLIO (PERDUTO?)
«Iromani amano brontolare, e spesso si lamentano che Roma è caotica e che nulla funziona, sperticandosi in lodi per altri luoghi – quasi tutti dove sono certi che ogni cosa sia meglio che a casa loro. Eppure, sotto quest’apparenza scoprirete che sono tutti immensamente orgogliosi della loro città. Com’è giusto che siano». Molto spesso l’occhio esterno di chi ha scelto questa complessa città come oggetto di studio svela a noi romani chi siamo e quale sia il legame con la Capitale. È da poco uscita da Bollati Boringhieri l’edizione italiana di «Storia di Roma in sette saccheggi», di Matthew Kneale, storico e romanziere londinese. L’opera è stata elogiata (giustamente) dalla stampa anglosassone per l’equilibrio tra ritmo narrativo e rigore storico (Kneale è della scuola del Magdalene College di Oxford). Da quindici anni, Kneal ha scelto Roma per far crescere, con la moglie, i suoi figli Alexander e Tatiana. Alla fine dei sette saccheggi (dai Goti ai Lanzichenecchi fino ai nazisti) lo studioso rende omaggio, con quelle righe, a Roma e ai suoi abitanti, riconoscendo(ci) il diritto all’orgoglio. Dovremmo rammentarcene tutti i giorni, anche con l’aiuto di intellettuali come lui. Abbiamo il privilegio di vivere in un luogo unico al mondo. Siamone orgogliosi: perché l’orgoglio comporta attenzione, cura, rispetto. Amore per Roma e i suoi spazi pubblici. Sentimento che troppo spesso, colpevolmente, ci manca.