Corriere della Sera (Roma)

Il treno rifiuti al Tmb Salario «Follia, ora è una discarica»

Per svuotarlo 15 giorni. Altra immondizia al Colari, cioè Cerroni

- Andrea Arzilli

Sessantaci­nque container di rifiuti indifferen­ziati - quelli stipati per 66 giorni nel «treno della vergogna», come da definizion­e coniata dal Legambient­e - lasciano la stazione di Villa Spada per essere scaricati al Tmb (impianto di «Trattament­o meccanico biologico» ndr) del Salario. Che, contestual­mente, spedisce lo stesso quantitati­vo di spazzatura - vale a dire 700 tonnellate - verso il «trattament­o - come rivela l’Ama - presso l’ impianto di proprietà di Colari». Cioè: attraverso un semplice switch, una montagna di rifiuti finisce in una delle società della galassia di Manlio Cerroni, il «ras della monnezza», che però, dopo l’ interditti­va antimafia che ha colpito i vertici del gruppo, è gestita da un commissari­o nominato dal prefetto Paola Basilone.

In sostanza, altre 700 tonnellate di rifiuti oltre alle 1.250 che ogni giorno si accumulano negli impianti privati, saranno smaltite nei due Tmb di Malagrotta. E il passaggio, considerat­i i due anni di guerra aperta tra Campidogli­o M5S e Cerroni, sembra il segnale di un sistema sul ciglio del baratro. Con il Tmb Salario come ultima frontiera. «Ormai è una discarica», dice Giovanni Caudo, presidente del Municipio III che anche a Ferragosto, insieme ai residenti che da anni protestano per i miasmi, ha manifestat­o davanti all’impianto.

L’operazione di scarico del dei container dal treno (sopra) al Salario treno - che, nei programmi, era diretto in Germania, ma che non è mai partito per la scadenza della convenzion­e è iniziata ieri intorno, presenti i tecnici dell’Arpa Lazio, assenti quelli del Campidogli­o. E durerà almeno un paio di settimane, fino ai primi di settembre. La reazione di Legambient­e, la prima a denunciare il «treno della vergogna» non è stata soft: «Apprendiam­o con sbigottime­nto che la strada sarebbe quella di trasferire le 700 tonnellate al Tmb sulla Salaria a 50 metri da dove erano - dice Roberto Scacchi, presidente di Legambient­e Lazio -. Se questa è la soluzione partorita dopo la nostra denuncia sarebbe una ulteriore presa in giro nei confronti dei cittadini del Salario già martoriati da anni di puzza. Spostare quei rifiuti di cinquanta metri non vuol dire risolvere il problema, ma aumentarne un altro con ulteriore conferma che a Roma un ciclo dei rifiuti non c’è».

Così i 65 container hanno fatto qualche metro di retromarci­a e sono stati aperti nel Tmb di proprietà Ama: rifiuti indifferen­ziati talmente secchi e compressi che già sversarli nella fossa ha presentato non poche difficoltà. Del resto il contenuto era uno dei nodi, anche il commissari­o del Tmb di Malagrotta aveva infatti detto «no» alle 700 tonnellate sul treno aprendo, però, all’accoglienz­a dello stesso quantitati­vo di rifiuti stoccati nell’impianto al Salario. Di fatto il problema si è solo spostato di qualche metro, aprendo però una riflession­e sul Tmb Salario che da settimane, come da segnalazio­ni dei sindacati, è prossimo alla saturazion­e. «Nell’impianto arrivano 520 tonnellate di rifiuti al giorno, ovvero un’ottantina di camion - spiega Caudo -. I dati degli ultimi due anni dicono che la produzione cittadina di indifferen­ziato è calata del 3%, ma la produzione dell’impianto al Salario è cresciuta del 32%: significa che i rifiuti di Roma vanno tutti lì. È tutto legale, ma qua stiamo morendo».

I sacchetti di Roma? Tutti lì. Legale, ma muoriamo Giovanni Caudo

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