«Mai avvisaglie di un crollo»
Fori Imperiali, precipita il tetto della chiesa di San Giuseppe dei Falegnami. Sposi sotto choc Monsignor Daniele Libanori: «Domani un matrimonio, se cadeva era una strage»
«Mai avvisaglie di un crollo imminente». Così monsignor Daniele Libanori, rettore della chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, ai Fori Imperiali, uscito incolume dal cedimento del tetto ieri pomeriggio. Domani e domenica erano in programma dei matrimoni. «Sarebbe stata una strage».
«Certo che la manutenzione è stata fatta. E anche più volte: ma vi pare che qualcuno di noi si sarebbe preso la responsabilità di farci celebrare i matrimoni se ci fosse stata la minima avvisaglia di un crollo?». Monsignor Daniele Libanori, 65 anni, non ha dubbi: «San Giuseppe era considerata una chiesa sicura, mai una crepa, ma nemmeno uno scricchiolio. Ed è proprio questo che adesso mi fa impressione, che sia crollato tutto in un attimo, che sia bastato il cedimento di una trave per far venire giù il tetto. Mi hanno spiegato che forse si era accumulata della polvere, mi sembra strano però. Non so se sia stato un miracolo a salvare chi sabato, oppure domenica o anche la settimana prossima, avrebbe partecipato a uno dei matrimoni in programma, ma di sicuro poteva essere una strage», ammette ancora il religioso, vescovo ausiliare della diocesi di Roma (Papa Francesco lo ha nominato nel novembre scorso) e commissario straordinario dell’Arciconfraternita di San Giuseppe dei Falegnami.
«All’inizio - aggiunge il gesuita - non mi sono accorto che fosse crollato il tetto. Ero andato a riposare, ma in realtà leggevo un libro. Erano le 14.50 quando ho sentito un forte botto. E poi la polvere, che ho pensato fosse fumo. Qualche istante ancora e ha suonato il citofono: erano i vigili urbani che mi dicevano di uscire subito. Mi sono affacciato un attimo nella chiesa e mi sono trovato davanti una scena drammatica. L’importante è che non sia morto nessuno. I vigili del fuoco mi hanno detto che non potrò dormire nel mio alloggio, ma quello che mi preoccupa è il pensiero di quante situazioni come questa ci saranno in giro per Roma. Ripeto: non c’erano mai state avvisaglie».
Il Vicariato ha informato i futuri sposi che i loro matrimoni sono stati spostati nella chiesa di San Marco, a piazza Venezia. Sono quasi tutte coppie romane. Appena è stato comunicato loro il cambio di programma forzato, un brivido le ha assalite: «Ci è crollato il mondo addosso, abbiamo pensato “che sfortuna!”. Poi riflettendo sul fatto che sarebbe potuto accadere anche domenica, quando dovevamo sposarci noi, con 150 invitati, forse qualcuno ci ha protetto da una strage», spiegano Roberto Apostolico e Sara Minasi. Nel tardo pomeriggio i due giovani si sono recati a San Giuseppe per rendersi conto di quello che era accaduto. «All’inizio l’ho presa male ammette la futura sposa, che abita a Formello -, poi abbiamo capito di essere stati molto fortunati. La cerimonia qui era fissata per le 16». «Io - le fa eco Roberto - ho pensato a uno scherzo. Volevamo proprio sposarci qui perché ci si sono sposati i miei genitori. Pazienza, ci torneremo quando l’avranno rimessa a posto. Andremo a San Marco - dice lo sposo -, abbiamo già avvertito tutti, e ci terremo le bom-
boniere: sullo sfondo hanno l’immagine della chiesa di San Giuseppe».
Secondo il soprintendente speciale di Roma, Francesco Prosperetti, i danni all’edificio ammontano a un milione di euro. «È stato un improvviso cedimento strutturale. Un fatto inaspettato. C’è una tragica somiglianza con il ponte di Genova: un tirante che ha ceduto, è l’unica ipotesi possibile, perché la portanza della capriata è affidata a una catena», rivela Prosperetti per il quale la buona notizia è che è stata risparmiata «una tela di Carlo Maratta del 1650, il dipinto di maggior pregio conservato nella chiesa», dove ne erano custodite circa 200. «La chiesa - spiega ancora - era stata interessata nel 2012 da lavori che hanno riguardato la copertura del tetto e nel 2015 la facciata, ma in occasione del terremoto di Amatrice non era stata segnalata fra quelle danneggiate».