Chiese e monumenti, test anti-crolli
L’annuncio del ministro dei Beni culturali, Bonisoli: subito una valutazione di pericolosità
Il ministro per i Beni e le attività culturali, Alberto Bonisoli: «Siamo un Paese fantastico, con un patrimonio unico. Ma ci sono luoghi, strutture e infrastrutture di proprietà statale o di altri che vanno mappati, protetti e messi in sicurezza. Lo faremo nelle prossime settimane, innanzitutto mettendo insieme le informazioni che abbiamo con una valutazione di pericolosità rispetto a determinati parametri, a prescindere da chi sia il proprietario». Frase chiarissima, quest’ultima. Infatti, nell’ultima riunione del Consiglio dei ministri, dopo il crollo del Ponte Morandi a Genova, si era già progettata una verifica generale dei luoghi in pericolo, inclusi i beni di proprietà della Chiesa.
Roma possiede 900 chiese cattoliche, un record che ne fa la città col maggior numero di edifici ecclesiastici aperti al culto al mondo. Ed è ovvio, visto che parliamo del cuore del Cattolicesimo e della sede del Papato. Secoli e secoli di storia, di grande architettura, di immensa arte. Si va dai Santi Silvestro e Martino ai Monti, III-IV secolo circa, alle realizzazioni del XXI secolo, come Dio Padre Misericordioso, il capolavoro di Richard Meier inaugurato del 2003 all’Alessandrino. Impensabile, visto il disastro di San Giuseppe dei Falegnami, che un patrimonio unico nel pianeta possa essere ancora affidato solo alla capacità di osservazione di parroci e di altro personale religioso, in massima parte (e giustamente) incapace di valutare se una crepa sia una lieve lesione o rappresenti un pericolo strutturale. Gli studi di Teologia non implicano conoscenze di Statica. Occorre al più presto una seria, immediata ricognizione che veda impegnati parallelamente il Vicariato di Roma, come proprietario e custode delle chiese, e la macchina ministeriale italiana della tutela e del restauro.
Lo ha già fatto intendere ieri il ministro per i Beni e le attività culturali, Alberto Bonisoli: «Siamo un Paese fantastico, con un patrimonio unico. Ma ci sono luoghi, strutture e infrastrutture di proprietà statale o di altri che vanno mappati, protetti e messi in sicurezza. Lo faremo nelle prossime settimane, innanzitutto mettendo insieme le informazioni che abbiamo con una valutazione di pericolosità rispetto a determinati parametri, a prescindere da chi sia il proprietario». Frase chiarissima, quest’ultima. Infatti, nell’ultima riunione del Consiglio dei ministri, dopo il crollo del Ponte Morandi a Genova, si era già progettata una verifica generale dei luoghi in pericolo, inclusi i beni di proprietà della Chiesa.
È bello sapere che le venticinque opere d’arte di San Giuseppe dei Falegnami (inclusa la splendida Natività del Maratta) sono state messe in sicurezza. E che i falegnami romani si sono detti pronti a contribuire, con il loro lavoro artigianale, alla ricostruzione del soffitto ligneo.
Ma è obbligatorio per tutti (Soprintendenze della Repubblica, Vicariato e quindi Santa Sede) pensare al domani e fare in modo che mai più una chiesa perda un irripetibile tesoro d’arte e di artigianato, appunto quel soffitto intagliato.
Mibact
«Ci sono strutture di proprietà statale o di altri che vanno protetti e messi in sicurezza»
Di grande interesse l’analisi proposta su l’Osservatore Romano da un autorevole interlocutore come Francesco Scoppola, direttore generale del ministero dei Beni culturali per l’Educazione e la ricerca. Ovvero che il disastro di San Giuseppe dei Falegnami possa essere dovuto ai tarli o alla marcescenza del legno, dovuta a infiltrazioni anche per le gronde non più tenute sgombre come un tempo. Quesito inevitabile: quante chiese romane possono trovarsi in queste condizioni? Urge una mappatura, appunto. Al più presto.