L’AUTUNNO DIFFICILE DI ROMA
Roma e il suo patrimonio architettonico e immobiliare: in questi giorni stanno emergendo due argomenti forti. Il primo: la stabilità e la sicurezza degli edifici più antichi e prestigiosi. Il crollo di San Giuseppe dei Falegnami ha drammaticamente posto il problema della tutela delle Chiese più antiche. Non solo della loro consegna alle future generazioni ma anche la fruibilità nei nostri giorni. Nell’immediato futuro, lo ha annunciato anche il ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli, occorrerà una ricognizione accurata di un Patrimonio che nominalmente appartiene al Vicariato ma che di fatto costituisce un pilone dell’identità collettiva di questa città. E tutti si attendono che proprio gli uffici del Vicariato escano dall’assoluto riserbo osservato in questi giorni (a parte monsignor Daniele Libanori, non si è ascoltata una voce ufficiale del Vicariatus Urbis, nonostante numerose sollecitazioni, almeno per capire quale siano le future intenzioni di chi detiene la proprietà di 900 Chiese romane).
Secondo argomento, altrettanto essenziale. Si tratta degli stabili occupati a vario titolo nella nostra città.
Nel gennaio scorso il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza aveva reso pubblici dati molto precisi. Ovvero 92 stabili occupati (66 con destinazione abitativa e 26 destinati a centri sociali o studentati) di cui 53 di proprietà di enti pubblici e 31 di privati. Una recentissima direttiva del ministero dell’Interno, dopo i risarcimenti richiesti al Viminale (e ottenuti) per i mancati sgomberi, indica ai prefetti una strada chiara: se per gli occupanti non ci sono «impellenti e irrinunciabili bisogni primari per la loro esistenza , collegati a una particolare condizione di vulnerabilità» occorre ripristinare il diritto di proprietà. Si va dunque verso una stagione di sgomberi. Strumento che, secondo le sentenze citate dal Viminale, «può certamente determinare immediati, ma evidenti e limitati, turbamenti dell’ordine pubblico, mentre la tolleranza delle occupazioni abusive, al contrario, può determinare situazioni di pericolo meno evidenti ma decisamente più gravi nel medio e nel lungo periodo». Chiunque viva intorno a stabili occupati, sa bene di cosa parli la magistratura mentre condanna il ministero dell’Interno. Anni di rinvii, di accettazione talvolta passiva, di equivoci ideologici (non sempre chi occupa ha comunque ragione, né necessariamente un proprietario è un perfido oppressore) hanno prodotto un nodo sociale. Ci attende, a Roma, un autunno difficile. Occorre capire se antiche Chiese hanno bisogno di cure, e quali edifici vadano sgomberati. Mai come in questo momento il Campidoglio deve rappresentare un punto essenziale di riferimento e di coesione della città tutta.