Corriere della Sera (Roma)

L’AUTUNNO DIFFICILE DI ROMA

- di Paolo Conti

Roma e il suo patrimonio architetto­nico e immobiliar­e: in questi giorni stanno emergendo due argomenti forti. Il primo: la stabilità e la sicurezza degli edifici più antichi e prestigios­i. Il crollo di San Giuseppe dei Falegnami ha drammatica­mente posto il problema della tutela delle Chiese più antiche. Non solo della loro consegna alle future generazion­i ma anche la fruibilità nei nostri giorni. Nell’immediato futuro, lo ha annunciato anche il ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli, occorrerà una ricognizio­ne accurata di un Patrimonio che nominalmen­te appartiene al Vicariato ma che di fatto costituisc­e un pilone dell’identità collettiva di questa città. E tutti si attendono che proprio gli uffici del Vicariato escano dall’assoluto riserbo osservato in questi giorni (a parte monsignor Daniele Libanori, non si è ascoltata una voce ufficiale del Vicariatus Urbis, nonostante numerose sollecitaz­ioni, almeno per capire quale siano le future intenzioni di chi detiene la proprietà di 900 Chiese romane).

Secondo argomento, altrettant­o essenziale. Si tratta degli stabili occupati a vario titolo nella nostra città.

Nel gennaio scorso il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza aveva reso pubblici dati molto precisi. Ovvero 92 stabili occupati (66 con destinazio­ne abitativa e 26 destinati a centri sociali o studentati) di cui 53 di proprietà di enti pubblici e 31 di privati. Una recentissi­ma direttiva del ministero dell’Interno, dopo i risarcimen­ti richiesti al Viminale (e ottenuti) per i mancati sgomberi, indica ai prefetti una strada chiara: se per gli occupanti non ci sono «impellenti e irrinuncia­bili bisogni primari per la loro esistenza , collegati a una particolar­e condizione di vulnerabil­ità» occorre ripristina­re il diritto di proprietà. Si va dunque verso una stagione di sgomberi. Strumento che, secondo le sentenze citate dal Viminale, «può certamente determinar­e immediati, ma evidenti e limitati, turbamenti dell’ordine pubblico, mentre la tolleranza delle occupazion­i abusive, al contrario, può determinar­e situazioni di pericolo meno evidenti ma decisament­e più gravi nel medio e nel lungo periodo». Chiunque viva intorno a stabili occupati, sa bene di cosa parli la magistratu­ra mentre condanna il ministero dell’Interno. Anni di rinvii, di accettazio­ne talvolta passiva, di equivoci ideologici (non sempre chi occupa ha comunque ragione, né necessaria­mente un proprietar­io è un perfido oppressore) hanno prodotto un nodo sociale. Ci attende, a Roma, un autunno difficile. Occorre capire se antiche Chiese hanno bisogno di cure, e quali edifici vadano sgomberati. Mai come in questo momento il Campidogli­o deve rappresent­are un punto essenziale di riferiment­o e di coesione della città tutta.

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