«Case occupate, sgomberi rapidi»
Circolare del Viminale ai prefetti: cambiano le modalità per mandare via gli abusivi
Circolare sulle occupazioni abusive del Viminale ai prefetti, si esortano a intervenire con la massima tempestività: a Roma sono 92 i palazzi occupati. L’input muove dalla consapevolezza che le azioni messe in campo finora si sono rivelate efficaci sul fronte della prevenzione, ma non altrettanto nell’eseguire gli sgomberi. Il ministero dell’Interno chiede inoltre di procedere con i censimenti e individuare le possibili alternative per le persone in condizioni di fragilità sociale che, d’ora in poi, avranno un ridotto (se non nullo) potere negoziale. Martedì vertice in Regione sul palazzo occupato da 14 anni in viale Carlo Felice.
Dal Viminale è partita una nuova circolare, inviata a tutte le prefetture, sulle occupazioni abusive. Il testo di cinque pagine, che dovrebbe essere ufficializzato tra oggi e domani, oltre a fare il punto sugli ultimi riferimenti normativi (tra gli altri il dl sicurezza del febbraio 2017) fissa alcune linee di indirizzo.
A delimitare i confini entro i quali si muove l’input partito dal ministro dell’Interno Matteo Salvini sono due obiettivi considerati prioritari: «il miglioramento delle condizioni di vivibilità delle città» e «la prevenzione delle situazioni di degrado e di condotte illecite». Centrati solo in parte, come viene ribadito nel secondo capoverso: «Nonostante gli sforzi profusi, la gestione del tema dell’occupazione arbitraria degli immobili non ha compiuto significativi passi avanti, se non rispetto alle misure di natura preventiva per evitare nuove occupazioni». Bilancio che trova conferma nei numeri di alcune tra le principali città italiane. Roma è al primo posto con 92 insediamenti abusivi all’interno di altrettanti edifici, 66 dei quali ad uso abitativo, e 12 mila occupanti. Seguono Napoli, con un’ottantina di casi, e Milano con 42 (nel capoluogo lombardo la stima degli inquilini fuorilegge è di circa 1.200). Se non fosse che alle difficoltà incontrate finora si sommano le «recenti sentenze del giudice civile, che rendono sempre più pressante il problema dello sgombero delle occupazioni più risalenti nel tempo». L’annotazione sottende «l’orientamento giurisprudenziale volto a condannare il ministero dell’Interno a risarcimenti molto gravosi, sulla base di una as- serita inerzia che avrebbe determinato una illegittima compromissione dei diritti fondamentali di proprietà e dell’iniziativa economica».
A luglio il tribunale di Roma ha stabilito che il Viminale risarcisse per 28 milioni la proprietà dell’ex fabbrica Fiorucci a Tor Sapienza, occupata nel 2009 e diventata anche
«Migliorare la vivibilità delle città e prevenire situazioni di degrado e di condotte illecite»
uno spazio espositivo autogestito (il Maam). Tra i risvolti più delicati della questione, puntellato dalla direttiva Minniti di un anno fa, «la tutela della famiglie in situazioni di disagio economico o sociale» alle quali deve essere garantita un’assistenza adeguata. A tracciare un solco, l’intervento della scorsa estate nello stabile di via Curtatone, vicino alla stazione Termini. Dopo le scene di guerriglia urbana, con gli sfollati accampati per una settimana nei giardini di piazza Indipendenza, si stabilì di non procedere all’evacuazione, senza aver prima individuato sistemazioni alternative per le fragilità sociali. È questo uno dei punti critici evidenziati nella nuova circolare, ovvero quanto sia difficile raccogliere informazione sugli abitanti degli immobili occupati: dati senza i quali è impossibile inquadrare le singole situazioni. Muove da questo presupposto la richiesta «di ogni possibile censimento» che, oltre a identificare le persone (inclusi i minori) verifichi il reddito e «la regolarità di ingresso e permanenza» in Italia. Controlli per i quali si esortano gli organi territoriali alla «massima rapidità». Nel ricostruire la rete di relazioni (parentali o amicali) degli occupanti si dovrà inoltre accertare «l’esistenza di legami sociali idonei ad assicurare loro forme di sostentamento». Solo dopo aver appurato l’impossibilità di provvedere alle proprie esigenze, in modo autonomo o tramite altre forme di sostegno, i servizi sociali potranno farsi carico delle fragilità. Con una sottolineatura che, rispetto al recente passato, apre nuovi scenari: «Si tratta di interventi che, nella misura in cui siano ritenuti sufficienti e adeguati dagli uffici competenti, avuto riguardo anche alle possibilità in concreto dell’Ente, non potranno essere considerati negoziabili». Tra le righe: se finora i tempi si sono allungati anche per i continui rifiuti ad accettare le proposte alloggiative del Comune, ora i margini si riducono. In sostanza, qualcosa di molto simile a un aut-aut: prendere o lasciare.
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