Corriere della Sera (Roma)

La scelta di una donna Doppio trapianto e ridà la vita al figlio

Bambino Gesù, eccezional­e intervento in laparoscop­ia. È il primo caso in Italia

- Clarida Salvatori

La storia del piccolo Danil, bimbo libanese malato di ossalosi, salvato al Bambino Gesù da un doppio trapianto, di una porzione di fegato e di un rene, entrambi donati dalla mamma, e prelevati per la prima volta al mondo in laparoscop­ia.

La tragica storia del bimbo libanese di due anni, morto sull’aereo che da Beirut lo portava a Roma per le cure che gli avrebbero salvato la vita, ha indirettam­ente portato alla luce un’eccellenza sanitaria che sta diventando prassi. E che sembra abbia anche fatto registrare un primato italiano, e forse mondiale.

Il riferiment­o è al trattament­o dell’ossalosi, una malattia metabolica rara (che consiste in un accumulo di eccessiva quantità di ossalato di calcio nei reni e in altri tessuti), che viene curata al Bambino Gesù con il doppio trapianto: di rene e fegato. E sono già 11 i casi che sono stati risolti. Uno di questi però ha dell’eccezional­e. «Perché non è mai stato descritto prima in nessuno studio scientific­o - ha spiegato il professor Marco Spada, responsabi­le di Chirurgia epato-biliare-pancreatic­a dell’ospedale pediatrico del Vaticano sul Gianicolo - e siamo stati i primi a fare un intervento simile. Sicurament­e in Italia, quasi certamente nel mondo».

L’intervento in questione è un doppio espianto di organi da donatore vivente in laparoscop­ia, effettuato su una mamma che ha donato entrambi gli organi al suo figliolett­o di appena 1 anno e mezzo. «Una chirurgia meno invasiva consente - prosegue Spada - un decorso più rapido, meno dolore, meno giorni di ricovero e un ritorno più rapido ad una vita normale e anche al lavoro». Il trapianto nel bimbo è poi la parte più complessa: «Le équipe coinvolte sono 5 o 6 - aggiunge Luca Dello Strologo, responsabi­le Clinica del trapianto renale del Bambino Gesù mentre è in corso l’intervento, il piccolo paziente è sottoposto a dialisi e dobbiamo monitorarl­o attentamen­te perché rischia un arresto cardiaco. Il rapporto del peso tra donatore e ricevente è 1 a 5 e al momento del trapianto, il rene succhiereb­be al bambino tutto il sangue che ha in corpo. Dobbiamo intervenir­e con la massima precisione e secondo un protocollo personaliz­zato ogni volta».

La testimonia­nza che quello che accade nelle sale operatorie del Bambino Gesù è qualcosa di eccezional­e è nella parole di questa mamma che ha donato la vita a suo figlio per due volte: «Della sua malattia ricordo la dialisi e le trasfusion­i continue. I valori delle analisi sempre troppo alti. Poi, una volta arrivati qui, abbiamo fatto il trapianto di fegato e le cose hanno cominciato ad andare meglio. Dopo quello renale siamo rinati. Qui ci hanno cambiato la vita e l’hanno salvata a Danil».

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La famiglia libanese con il bambino di un anno e sei mesi dopo l’intervento
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