La categoria ora si divide
Aesultare è la Confesercenti: contro le aperture festive aveva addirittura organizzato una raccolta di firme (appoggiata dalla Cei, la Conferenza episcopale italiana) davanti alle parrocchie, raccogliendone 150 mila. «Le liberalizzazioni del decreto “Salva Italia”di Mario Monti spiega il presidente Valter Giammaria - hanno inciso moltissimo sulle chiusure dei negozi di vicinato. E a chi si lamenta della perdita dei posti di lavoro dico che negli ultimi cinque anni hanno chiuso 59mila piccole imprese. Quindi accogliamo positivamente la proposta del governo». Favorevoli anche i sindacati, come la Filcams
Cgil che da sei anni si batte contro le liberalizzazioni. #LaFestaNonSiSVende è lo slogan che ha accompagnato manifestazioni e scioperi: «In questi anni l’occupazione non è aumentata - dice la Filcams - e quindi non si rischia di perderla. Non è migliorata la qualità del lavoro ma solo contratti a termine e precari».
Diversa invece la posizione della Confcommercio: il suo è più un «ni» che un «sì». «Va benissimo parlarne senza pregiudizi e senza schieramenti ultrà - afferma il direttore della Confcommercio di Roma Pietro Farina -. La rete distributiva è fatta da grandi, medi e piccoli negozi e bisogna contemperare le esigenze di tutti , perché danno un servizio a diverse tipologie di consumatori». Per Giovanna Marchese Bellaroto della Cna Commercio «regole per le aperture e le chiusure sono necessarie. Ma occorre una visione di dove andare con questa città, qual è il progetto. Così sollecitiamo la Regione per la nuova legge sul Commercio e proponiamo le aperture festive in due Municipi alla volta per avere più attenzione sui territori».
Ribadisce invece la sua contrarietà la Federdistribuzione: « Noi naturalmente siamo favorevoli al mantenimento situazione attuale - spiega il direttore dell’area comunicazione Stefano Crippa -. Sono 7 anni che il sistema di liberalizzazioni si è assestato in modo coerente con i nuovi stili di vita. Secondo le ricerche 19,5 milioni di famiglie comprano la domenica. La grande distribuzione dà 400 milioni di salari in più ogni anno, le maggiorazioni festive e domenicali valgono un altro 30%, ulteriori con i contratti integrativi. Se tornassimo al pre “Salva Italia” tutti questi vantaggi economici cesserebbero. Oltre ai licenziamenti».
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