DOMENICA, SHOPPING E DESIDERI
La folla, i bambini che sognano, le mamme che alla fine crollano
Una famosa rivista umoristica statunitense, Mad Magazine, un giorno riportò questa battuta: «L’unica ragione per cui un gran numero di famiglie americane non possiede un elefante è che non è mai stato offerto loro un elefante a meno di un dollaro con pagamenti settimanali facilitati». Mi torna in mente mentre finisco di leggere uno studio della DePaul University di Chicago e della Ben-Gurion University del Negev, sostiene che c’è un rapporto tra felicità e abitudine di fare acquisti nei giorni di festa, invece di dedicarsi ai propri affetti, passioni e tutto quello che amiamo fare nel tempo libero. In quegli Stati in cui è stata abrogata la blue laws, la legge che vietava l’apertura domenicale dei negozi, i cittadini sarebbero meno felici. Termino la lettura, bevo l’ultimo sorso di caffè e scendo. Metto in moto il Vespone, controllo di aver messo sotto la sella un paio di buste di stoffa e parto. Il traffico di questa domenica di settembre scorre abbastanza bene e raggiungo in fretta il centro commerciale. Parcheggio, sto per prendere le scale mobili, poi ci ripenso, decido di fare un po’ di movimento e salgo a piedi. Devo prendere solo poche cose, alcune serviranno per una sorpresa stasera a cena.
Alcune famiglie mi passano accanto, con carrelli pieni di articoli. Due ragazze sono appena uscite da un negozio di intimo con una piccola busta di carta. Una mamma con due bambini di circa otto anni sta dicendo loro che ha già comprato un gioco.
L’ha comprato la settimana prima e che ora non gli spetta, è troppo presto. Un gruppetto di amiche alcune dai bellissimi capelli bianchi, altri viola, un’altra stranamente normale sta prendendo un the ai tavoli esterni del bar accanto alla lavanderia, chiacchierando allegramente. Una decina di ragazzi cammina velocemente in direzione dell’ hamburgeria, parlando e scherzando a voce alta e due di loro si spintonano un po’ ridendo. Un signore sta leggendo il giornale seduto a un tavolino davanti a una libreria.
Il centro commerciale è un vero mondo, con tantissime sfaccettature. Inquadrarlo in una sola e unica etichetta non è possibile. In settimana ho letto un sondaggio in cui si evidenzia che, mentre la maggioranza di governo sta discutendo sul limitare le aperture nei giorni festivi, la maggioranza degli italiani si dice favorevole al mantenimento di questa abitudine ormai acquisita nel tempo, dopo la norma introdotta dal governo Monti. La proposta, presentata dalla deputata leghista Barbara Saltamartini, toglie la totale libertà agli esercizi commerciali e lascia definire agli enti locali il piano per stabilire le aperture straordinarie dei negozi. Saranno consentite solo le domeniche di dicembre e altre quattro domeniche o giorni festivi negli altri mesi dell’anno. Di Maio sottolinea: «Massimo dodici festività all’anno». Quindi in futuro potrebbe non essere più possibile venire qui una qualche domenica di settembre come oggi.
Mentre sto scegliendo tra due articoli, penso a com’era una volta, quando addirittura alcuni negozi chiudevano un giorno alla settimana e ognuno aveva il suo e bisognava avere una specie di tabella di marcia e soprattutto una memoria di ferro per non sbaconto
❞ Chi stabilisce ad esempio qual è il modo migliore e oggettivo per una famiglia di interagire?
gliare e sapere esattamente quale negozio era aperto o meno, per non arrivare lì e trovare la serranda abbassata. Ora come allora è solo questione di abitudine. In certi casi le aperture domenicali e in orari continuati sono l’unico momento per fare la spesa o acquisti vari, per alcune famiglie sono perfino l’unico vero momento per stare insieme. «Dai prepariamoci si va tutti al centro commerciale!».
Invece alcuni politici sostengono che chiudere aiuterebbe le famiglie a passare più tempo insieme e restituirebbe al personale che lavora la libertà di una volta. Ma sarebbe davvero così? Chi stabilisce ad esempio qual è il modo migliore e oggettivo per una famiglia di interagire? Altri dicono che invece avrebbe un contraccolpo negativo sulle vendite e dunque sul fatturato del settore. Mi guardo intorno. Per assurdo ormai proprio luoghi simili offrono anche dello svago da vivere con amici e famiglia. Mi rendo che le abitudini devono fare i conti con le leggi economiche e le questioni di ordine familiare, religioso, sociale. Ma non credo all’equazione automatica «chiusura uguale più tempo di qualità per le famiglie» che si ritrovano.
Alla fine l’acquisto della domenica è un’ opzione, non un obbligo tassativo né in un senso né nell’altro e, se gestito in modo etico e opportuno, è un’ulteriore possibilità di lavoro. Ha i suoi pro e contro e non è possibile essere radicali. Per alcuni tutto si riduce al fatto che lo shopping è l’arte di acquisire cose che non ti servono con i soldi che non hai e allora farlo pure la domenica sarebbe solo un’altra possibilità di sbagliare.
Ma in effetti ci servono davvero tutte queste cose? I bambini si innamorano così presto di un nuovo oggetto che passa al momento giusto in televisione e subito uno dopo l’altro crollano i loro idoli del cartoon, ne arriva uno nuovo che sostituisce il vecchio che viene presto dimenticato del tutto. Mentre sono alla cassa a pagare, vedo proprio quella mamma che alla fine è crollata, ha comprato ai suoi due bambini di otto anni quello che desideravano. «Aspettate ad aprirlo però prima dobbiamo pagare…» E sorride felice della loro impazienza, ha ceduto su quel principio promettendo a se stessa che sarà più solida su cose più importanti. Poi si piega verso di loro. «Allora io ve l’ho comprato perché mi piace vedervi felici ma anche voi dovete fare felici me e papà…» E li vedo che ascoltano e la mamma continua a parlare, chissà cosa sta cercando di ottenere e loro sembrano veramente interessati, stringono insieme il pacchetto ancora chiuso e forse hanno capito questo «principio di felicità»… In fondo è sempre e solo una questione di equilibrio, a casa o in un centro commerciale, ogni occasione può essere utile per dire qualcosa ma che sia d’amore.
❞ Per assurdo, luoghi simili offrono anche dello svago da vivere con amici e famiglia
Acquisti nei festivi «Alla fine è un’opzione, non un obbligo tassativo né in un senso né nell’altro»