Corriere della Sera (Roma)

«Ha tentato di stuprarmi dentro il bar»

Monte Mario, denuncia di una donna. Curata dai medici del Gemelli, indaga la polizia

- Di Giulio De Santis

«Questa mattina sono stata vittima di un pesante tentativo di stupro nel bar, dove svolgo la mia attività. Ho avuto paura di morire. Un tunisino è entrato nel locale con i pantaloni calati, mi ha spinto nel magazzino, mi ha menato, quasi strappato un dito a morsi e ha provato a violentarm­i. Mi sono ribellata. E alla fine è scappato. È stato un incubo durato un’ora». Comincia cosi il racconto fatto da una donna di cinquant’anni agli agenti della polizia intervenut­i ieri mattina nel locale di Monte Mario.

Ora la Squadra Mobile ha fatto scattare la caccia al violentato­re. Che dovrebbe avere le ore contate. A incastrarl­o il cugino – tunisino - che, messo alle strette per essere stato testimone del prologo della violenza, ha fornito i dettagli necessari alle forze dell’ordine per incastrare il presunto stupratore.

Il dramma ha inizio all’alba di ieri, quando il ricercato e il parente vanno a mangiare nel bar dove si è poi consumata la violenza. Sono le cinque quando i due uomini fanno il loro ingresso nel locale. Chiedono da mangiare e da bere. Clienti come tanti, più o meno rumorosi, come ricorda la donna assistita dall’avvocato Eugenio Pini. «A un certo punto si è messo a parlare, ha detto di chiamarsi Reda – spiega la donna alle forze dell’ordine –. Ha aggiunto di vivere ad Amsterdam, specifican­do che si sarebbe fermato a Roma per un breve soggiorno turistico. Tutte bugie...».

Dopo la prima birra, però, la situazione si complica e la donna inizia a avere paura. L’uomo con il falso nome di Reda si cala i pantaloni e fa pesanti apprezzame­nti alla barista. Il cugino, infastidit­o dall’atteggiame­nto, lo porta via. Passa circa un’ora. Verso le sette il tunisino torna, stando attento a non farsi sentire. Quando la donna lo vede, rimane impietrita. Lo scono- sciuto ha i pantaloni abbassati, l’afferra da dietro, lei tenta di divincolar­si, di resistere, combatte e gli molla un pugno. «Ha capito che non mi sarei arresa e così si è spaventato – fa notare la donna –. Mi ha presa per il collo e mi ha trascinata nello sgabuzzino. A quel punto ho creduto che mi avrebbe uccisa». Lottano e lui la prende a calci ovunque. Poi lo straniero perde del tutto la testa e le morde pure un dito. «Una stretta così forte che ho creduto che me lo strappasse», ricorda piangendo la donna agli investigat­ori. Il pestaggio è tremendo. Lui prova a strapparle i vestiti, la mette le mani ovunque, tenendo sempre il dito della signora tra i denti. La donna grida con tutta la forza che ha, ma chiusa nello sgabuzzino nessuno la può sentire. Quando sembra sul punto di arrendersi, però, la barista ritrova la lucidità: vede nello stanzino un flacone di varichina, lo prende in un lampo e lo getta addosso allo stupratore. L’acido sulla pelle del tunisino innesca un bruciore tremendo, lancinante e l’uomo scappa, quasi nudo. La signora chiama le forze dell’ordine. Arriva un’ambulanza e la porta al pronto soccorso del Policlinic­o Gemelli. L’incubo è finito.

Reazione Lei: «Gli ho tirato della varechina e solo allora ha desistito»

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Viminale La scorsa settimana una donna ha denunciato di essere stuprata da un romeno, poi arrestato dalla polizia

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