Fadilla e Nasoni, restauro e apertura di antichi sepolcri
«A Fadilla carissima per i suoi meriti», firmato: «suo marito». Così recita la piccola lapide di marmo sopravvissuta a quasi duemila anni di storia, che dalla fine del II secolo dopo Cristo si trova sempre lì, accanto alla tomba dell’amata Fadilla (nome diffuso tra gli Antonini) nel mausoleo a lei dedicato lungo via Flaminia (in via dei Casali Molinario 3). Il sepolcro (nella foto) è uno dei due gioielli archeologici — l’altro è la Tomba dei Nasoni — che la Soprintendenza Speciale di Roma riapre gratuitamente sabato e domenica per le Giornate del Patrimonio (con quattro gruppi di visita, dalle 10 alle 14, a esaurimento posti).
Si tratta di siti rimasti chiusi al pubblico per 15 anni, che riaffiorano dopo un accurato restauro diretto da Marina Piranomonte (grazie allo stanziamento ad hoc di 80 mila euro) e si preparano a un ciclo di aperture mensili con visite su prenotazione (www.soprintendenzaspecialeroma.it). «La Giornate del Patrimonio sono l’occasione per avvicinare i romani all’area archeologica della Flaminia — commenta il soprintendente Francesco Prosperetti — e la premessa a un progetto di valorizzazione complessiva da dedicare a questa via consolare che negli ultimi vent’anni ha svelato un eccezionale passato di epoca romana». Dal ritrovamento della Tomba di Macrino (detta «del gladiatore») ai resti della Battaglia di Ponte Milvio, dall’edificio agricolo all’Auditorium alla Fonte di Anna Perenna. Ritrovamenti che si sono aggiunti ai già noti Arco di Malborghetto, Villa di Livia a Prima Porta e, appunto, i mausolei rupestri di Saxa Rubra.
Il primo a essere rinvenuto fu quello della famiglia dei Nasoni, nel 1674, mentre la scoperta della Tomba di Fadilla risale al 1923. Entrambi scavati nel tufo e impreziositi da mosaici, pitture e stucchi oggi recuperati dalla restauratrice Giovanna Ferroni. L’unico rammarico è per sei affreschi del sepolcro di «Quintus Nasonius Ambrosius» venduti nell’Ottocento al British Museum di Londra.