DUE MADRI E DUE MISURE
La morte dei due bimbi a Rebibbia – lanciati giù dalle scale da una madre malata – ripropone una questione mai risolta del tutto: è giusto, è opportuno, che le detenute con figli piccoli scontino la pena in carcere? E viceversa: è giusto, è opportuno, che i bambini crescano in prigione anche fino al compimento dei sei anni? Se separare le mamme dai bimbi è ovviamente escluso, la tragedia avvenuta nel penitenziario sulla Tiburtina impone piuttosto una riflessione sulle soluzioni diverse dal carcere per le madri con figli piccoli. Soluzioni che garantiscano sì l’espiazione della pena, ma anche il rapporto affettivo tra le mamme e i bimbi e la protezione di questi ultimi. In questo ambito, a Roma è aperta da più di un anno la Casa di Leda, la prima struttura in Italia che accoglie le detenute con i loro piccoli. Il progetto, avviato quando era sindaco Ignazio Marino, è stato completato da Virginia Raggi e intitolato a Leda Colombini, partigiana, sindacalista, parlamentare e soprattutto protagonista della battaglia per ottenere una legge che evitasse ai bambini di finire in carcere con le madri. Però scontare la condanna nella Casa di Leda - una villa all’Eur strappata alla criminalità organizzata - non è automatico: ci vuole il via libera di un giudice. Quella detenuta sì, l’altra no. E quindi: per quel bambino la stanza pulita, il giardino, i giochi, i volontari; per l’altro le sbarre, i cancelli che sbattono, gli orari, le guardie penitenziarie. Un’iniquità che deve finire.