Tangenti case Ater «Dateme la Smart e io ve dò questo...»
Le pretese di funzionari e mediatori arrestati
Buccinnà, arrestato per corruzione, sogna di ricavare da quel piano terra migliaia di euro, vendendolo al primo malcapitato. E soprattutto c’è il funzionario comunale Giovanni Mastrodascio che, in cambio di soldi, può assicurare lo status di residente al prossimo inquilino.
In un viavai di visite gli investigatori coordinati dal pm Francesco Dall’Olio intercettano conversazioni del tipo: «Non parla’ de soldi (riferito al malcapitato di turno, ndr) che più je levamo, meglio è...». Sono progetti embrionali, poi interrotti dall’attività investigativa.
Grazie a informazioni privilegiate che vengono dall’interno dell’Ater il gruppo controlla le occupazioni abusive. Il compito di gestire la lista di case libere è in capo a personaggi come il pluripregiudicato Romeo Carbone (con questo nome c’è un condannato in primo grado per mafia nell’ambito di una vasta operazione ai primi del Duemila) che al suo domicilio conserva anche alcune pistole. Qualche volta s’alza il tiro. Come quando si progetta di mettere in vendita l’appartamento di via Monte Massico (sempre Tufello) con la complicità di un’inquilina. Anche in questo caso si apre una sorta di riffa fra possibili avventori: una lotteria che ha i suoi perdenti e i suoi delusi fra cui Buccinnà che al telefono con un’amica si sfoga: «E niente tocca trova’ artre persone... queste stanno in bianco che je devo fa’». Il gruppo è impegnato notte a giorno a trovare acquirenti: «Praticamente j’ho fatta vede’ ar napoletano e sembra che je interessa a lui. Certo è piccola. È ‘na bomboniera eh...». Sebbene all’interno di Ater il sodalizio possa contare anche sull’arrestato Cristiano Longhi (che assistito dall’avvocato Stefano Parretta si è avvalso della facoltà di non rispondere) è a Salvucci che Buccinnà finisce per rivolgersi il più delle volte. Consapevole della propria centralità, Salvucci negozia vantaggi per sé: «Me dovete da’ ‘sta Smart e io te dò questo e quello». Qualcuno, come Emanuele Giuliani, sente di aver acquisito un potere sempre maggiore: «Ma famme capi’ — dice al telefono con un altro indagato — chi è Ater a Roma, io o lui? Chi è?!»
«Talpe» Grazie a informazioni dall’interno, il gruppo controllava le occupazioni abusive