Giuseppe Zeno, dalla televisione torna in teatro
Sala Umberto Giuseppe Zeno in «Non si uccidono così anche i cavalli?», il testo di Horace McCoy da cui Sidney Pollack trasse il film del 1969
Un volto (anche) televisivo per un classico dai forti risvolti sociali: Giuseppe Zeno è protagonista da stasera alla sala Umberto di Non si uccidono così anche i
cavalli, romanzo di Horace McCoy del 1935, da cui Sidney Pollack trasse il film del 1969.
Lui è Joe, organizzatore della disperata maratona di ballo dove si concorre per avere un tetto, un letto. O per farsi notare. Zeno canta, accenna passi di danza, incita, aizza, sulle musiche originali di Piji, in scena con la sua band per la regia di Giancarlo Fares «Ci si richiede anche di improvvisare, ho recuperato tutte le abilità dei miei inizi a teatro — racconta l’attore —. Nasco su un palcoscenico, e lì torno molto volentieri, anche se i set televisivi hanno una durata molto lunga e non sempre mi è facile. Non credo vi sia distinzione fra un mestiere e l’altro, la scena e la televisione, se non una maggiore consapevolezza e sicurezza che regala la pratica del teatro. Il testo è un atto d’accusa verso un pubblico pronto a elevare fino alle stelle, ma anche a svilire e distruggere. Penso ai social, dove il valore dipende dal numero dei like. Più ne hai, più sei apprezzato. Se ne sei privo conti poco. McCoy è di grande attualità».
Prosegue: «È stato un veggente, anche per quanto riguarda i reality dove viene applicato lo stesso meccanismo. Ma c’è un elemento in più: gli spettatori godono a veder soffrire i partecipanti. Questi a loro volta aspirano a mettersi in vetrina, ad ogni costo. Ci sono tanti colleghi che non hanno nessuna esitazione ad esporsi. Artisti, ballerini. Per non parlare di chi svela particolari anche più intimi, l’ecografia del figlio, l’abbraccio finale alla nonna defunta».
Insomma, un cortocircuito perverso che McCoy mette in luce con le sue bassezze e contraddizioni. «Ci siamo ispirati al romanzo direttamente e non al film, perché nella scrittura era già contenuta la traccia drammaturgica, l’affabulazione. Abbiamo calcato sull’aspetto umano, che conosco molto bene, per aver dato vita a tanti personaggi delle fiction. Ora con Vittoria Puccini sto girando sei episodi di Mentre ero
via, con la regia di Michele Soavi».
Ancora una storia al femminile, una donna che riprende in mano la sua vita. Lui ne ha due, al suo fianco, la moglie attrice Margareth Madè e la piccola Angelica di un anno. E sa cosa significa dividersi fra lavoro e famiglia: «A Roma c’è il detto Mejo piagne al lavoro che a casa — scherza Zeno, natali a Ercolano ma cresciuto in Calabria —. Lavoro tanto, sempre, ma mi ritaglio momenti per noi. Sono venute con me al lago di Garda e mi hanno fatto compagnia sul set».