Azienda da «spacchettare» prima del crac
Il piano: il Comune continuerebbe solo a svuotare i cassonetti
«Concordato», come filtra da Ama? No, spacchettamento con vista su Acea. La strada è assai lunga e complessa, e segna il destino della municipalizzata dei rifiuti, in crisi da quando il Campidoglio ha deciso di non approvare il bilancio 2017 perché non vuole riconoscere all’azienda i crediti relativi ai servizi cimiteriali dal 2011 in poi. Al netto dello scontro Ama-Comune, il mancato ok sui conti vale come segnale.
La cifra delle discordia è 18 milioni di euro: tanti, ma non abbastanza da mandare in tilt una partecipata che ha un volume di affari di un miliardo. Di fatto, però, con i conti in rosso e il bilancio in bilico, su Ama avanza l’ombra di un default tecnico che gli addetti ai lavori definiscono «funzionale» a due strade. La prima, che circola in azienda, è il concordato preventivo, via già imboccata con Atac grazie (anche) a Gianni Lemmetti, assessore al Bilancio e specialista della procedura dai tempi di Livorno. La situazione di Ama, però, non è così grave sotto il profilo finanziario. Anche se la sponda arrivasse dal governo «amico», sarebbe difficile trovare un tribunale disposto a concedere la procedura. E in ogni caso Raggi ha smentito: «Non è nel radar», ha detto la sindaca che, però, diceva la stessa cosa per il concordato Atac.
La seconda strada, piuttosto, corrisponde all’idea che in Campidoglio sembra andare per la maggiore. Ovvero, approfittare dell’inghippo tecnico dei 18 milioni legati alla gestione dei cimiteri capitolini per dare il via ad un vero e proprio reset aziendale. Oltre, quindi, alla posizione (in bilico) dell’attuale presidente Lorenzo Bagnacani. Si tratterebbe, in pratica, di lavorare sullo spacchettamento dell’azienda (e sullo smistamento del personale) in due parti: quella da mantenere pubblica continuerebbe ad occuparsi di spazzamento e raccolta; quella da cedere, invece, prenderebbe in carico le grane sul ciclo di smaltimento, cioè il settore da dove arrivano le criticità attuali. E lì, sulla parte degli impianti, scatterebbe il coinvolgimento con la sorellastra quotata in borsa Acea che è del Comune al 51%. Dell’operazione, del resto, Raggi aveva già dato un trailer nel 2016 nelle «linee guida» di mandato, dove in due punti si declinava il rapporto tra le due municipalizzate: «Ama, incautamente, in questi ultimi anni non si è dotata delle infrastrutture impiantistiche necessarie, offrendo, quindi, di fatto, opportunità a gruppi privati e ad Acea di inserirsi nel settore». E poi: «Il pagamento della Tari può avvenire unitamente alla bolletta elettrica o idrica di Acea». Insomma, forse ci siamo.