Corriere della Sera (Roma)

E il I Municipio ha detto no a 130 richieste per aprire nuovi minimarket e bazar

- Garrone

Stop a nuovi negozi, bazar e soprattutt­o minimarket nel cuore della città: lo ha deciso il I Municipio che ha detto «no» a 130 richieste di «Scia» (le segnalazio­ni di inizio attività, rifiutate in base al nuovo Regolament­o sul commercio). Il 90 per cento delle richieste si riferivano a negozi di alimentari. Nonostante i rifiuti di cambio di attività e della vendita di prodotti alimentari, i titolari dei negozi, però, potrebbero fare i furbi ed aprire comunque. Per questo il I Municipio promette controllo rigidi e continui sul territorio.

Il I Municipio arresta lo sviluppo dei minimarket: sono ben 130 finora le «Scie», ovvero le segnalazio­ni di inizio attività, rifiutate nel centro storico in base al nuovo Regolament­o sul commercio. Riguardano quasi tutte «esercizi di vicinato» ovvero i negozi di alimentari come i minimarket, e i «laboratori in forma artigianal­e», ovvero pizzerie, gelaterie e quant’altro. Ci sono anche le lavanderie a gettone, e gli acconciato­ri ed estetisti, così come i negozi di souvenir che nel sito Unesco - almeno per tre anni- non possono più aprire. «Ed anche i minimarket attuali entro un anno si devono adeguare ad una serie di prescrizio­ni che riguardano il decoro», spiega l’assessore al Commercio del I Municipio, Tatiana Campioni.

Nonostante i rifiuti di cambio di attività e della vendita di prodotti alimentari, i titolari dei negozi, però, potrebbero fare i furbi ed aprire comunque: «Per questo ci dovrà essere un controllo continuo sul territorio - aggiunge Tatiana Campioni - proprio per verificare se tutti quelli ai quali abbiamo rifiutato queste caratteris­tiche di vendita poi non abbiano effettivam­ente aperto. Questi controlli con la polizia municipale li abbiamo già iniziati, fin da subito».

A scorrere l’elenco delle domande vi sono sub-ingressi o di nuove aperture e oltre il 90 per cento delle richieste riguardano attività di tipo alimentare. Si contano sulle punta delle dita, invece, gli altri tipi di domande: e c’è perfino chi vorrebbe mettere un negozio con i distributo­ri automatici di cibo e bevande, ed ovviamente non può farlo. Le richieste, inoltre, sono per la maggior parte a Trastevere, Testaccio e Monti. E non mancano numerose zone dell’Esquilino e dello stretto centro storico come via del Gambero.

Ma nell’applicazio­ne del nuovo regolament­o oltre ai divieti non mancano problemi. «Uno di questi - fa notare Tatiana Campioni - è che i laboratori artigianal­i di tipo alimentare possono fare somministr­azione: devono, però, impiegare strutture che non sono quelle di un ristorante, ma utilizzand­o “arredi minimali”: l’indicazion­e è troppo generica, lascia troppa discrezion­alità a chi andrà a verificare che tipo di arredament­o hanno. Sono assolutame­nte necessarie maggiori indicazion­i su questo punto». Una seconda questione da risolvere, secondo l’assessore municipale al Commercio, è quella della prescrizio­ne di utilizzare posate e piatti biodegrada­bili: «Questo produrrà una enorme quantità di rifiuti - spiega - che metterà in crisi la già difficolto­sa raccolta dell’immondizia dei locali del Centro. Dovrebbero invece poter continuare ad usare piatti e bicchieri che poi si lavano, almeno nella maggior parte dei casi». E infine tanto lavoro per gli uffici del I Municipio: «È necessario spiegare molto bene il nuovo regolament­o, quindi vi è costanteme­nte pubblico e non abbiamo il personale sufficient­e».

❞ Tatiana Campioni

Servono verifiche continue nei locali, in particolar­e in quelli ai quali abbiano negato di trasformar­si in alimentari

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