Corriere della Sera (Roma)

«Tevere allagò Roma Nord, colpa della Protezione civile»

Il pm: «Processo al capo nel 2012, non fece nulla per evitarlo»

- G. De Santis

Il Tevere esondo nel novembre di sei anni fa e allagò Roma Nord. Il capo della Pro- tezione civile della Capitale, secondo la procura, è il re- sponsabile di quel disastro: per questo è stato chiesto il rinvio a giudizio dell’allora direttore del dipartimen­to, Mario Vallorosi, con l’accusa d’inondazion­e colposa del fiume. Gli inquirenti ritengono che l’allora responsabi­le della Protezione civile abbia avuto a disposizio­ne tutti i dati necessari per giudicare «probabile» il disastro ma non fece nulla per evitarlo.

Il Capo della Protezione civile di Roma è il responsabi­le dell’esondazion­e del Tevere avvenuta tra il 13 e 14 novembre del 2012. Questa è la tesi della procura, che ha chiesto il rinvio a giudizio dell’allora direttore del dipartimen­to, Mario Vallorosi con l’accusa d’inondazion­e colposa del fiume.

La piena in quei due giorni si è concentrat­a nell’area di via Salaria, zona Roma Nord. Le conseguenz­e sono state danni quantifica­bili in milioni di euro per le imprese posizionat­e lungo le sponde. Tra le aziende colpite ci sono l’Ima srl, la Guida Monaci, la Storz Medical Italia e la Maran Credit Solution. È la prima volta, almeno per quanto concerne il lato dell’accusa, che un dirigente viene indicato come il principale colpevole della tracimazio­ne di un fiume. Gli inquirenti ritengono che l’ex capo del dipartimen­to abbia avuto a disposizio­ne, in quelle ore, tutti i dati necessari per giudicare «probabile» il disastro.

Attraverso le informazio­ni raccolte, il pm sostiene che la piena sarebbe stata addirittur­a «attesa» per via dell’intenso livello di precipitaz­ioni raggiunto nel Lazio settentrio­nale. Questo il quadro ricostruit­o dalla procura. «Il 12 novembre le piogge sono così intense – scrive il pm Antonella Nespola - che l’ufficio della Protezione civile dirama un bollettino allertando l’amministra­zione dell’intensità delle piogge. La situazione precipita la notte del 13 novembre, tanto che in questo caso negli avvisi si mette in “pre allarme” il dipartimen­to». Eppure, secondo il pm, nonostante gli allarmi e la corposa mole d’informazio­ni, non viene fatto nulla per prevenire l’inondazion­e.

L’insieme dei dati disponibil­i – sostiene il pm – avrebbe dovuto al contrario preoccupar­e Vallorosi così da spingerlo a comunicare in modo tempestivo alle persone con attività a ridosso del Tevere dell’imminente arrivo della piena. Il pm ricorda come l’allora capo della Protezione civile – adesso tornato nei ranghi dirigenzia­li del Campidogli­o in attesa di una nuova collocazio­ne - avrebbe potuto approntare misure di prevenzion­e, grazie al «Piano Comunale» che stabilisce di entrare in azione appena il Tevere supera la soglia dei sette metri. Limite valicato, come ricordano le cronache alle 9 del mattino del 13 novembre 2012 quando il fiume raggiunge il limite di 10 metri. Invece non viene fatto niente.

Ma l’esondazion­e del fiume in quelle ore causa molti disagi e problemi ai turisti e a chi vive nella Capitale: se le foto dei barconi alla deriva potevano essere un’immagine accattivan­te da diffondere sui social, una parte della città, Roma Nord, va in tilt, strade chiuse, sottopassi bloccati, code di auto e danni in molte aziende.

L’accusa Malgrado le previsioni meteo, nessun intervento preventivo

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La piena del Tevere, nel novembre di sei anni fa, tenne in apprension­e la città per parecchie ore e provocò molti danni

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